venerdì 18 dicembre 2009

Sorella acqua

“Umile, preziosa et casta”, secondo le parole di San Francesco. Preziosa soprattutto quando manchi.
L’ho riscoperto nuovamente oggi. A causa del black out persistente, che coincide anche con la rottura della pompa piu’ potente, siamo costantemente scarsi nelle nostre risorse idriche. Il tank dell’acqua sono sempre vuoti, perche’ il generatore non ce la fa a star dietro ai fabbisogni.
Oggi siamo entrati in sala per una sequestrectomia (cioe’ un’operazione per una infezione dell’osso), ma, quando abbiamo tentato di mettere in pratica il rito delle abluzioni preoperatorie, ci siamo accorti che dal rubinetto non scendeva nulla. Meno male che avevamo ricevuto dall’Italia una schiuma disinfettante che abbiamo usato al posto del sapone. Poi, durante l’intervento, il malato ha sanguinato un po’ e mi sono imbrattato i pantaloni della tuta. Dimentico di quanto era appena capitato al rubinetto, mi precipito in doccia, ma anche qui l’esperienza e’ deludente: poche gocce, e poi secco totale. Mi sono dovuto rivestire e ricorrere a dei batuffoli di cotone imbevuti di alcool, per rimuovermi il sangue di dosso.
A pranzo stessa situazione: impossibile lavarsi le mani e tantomeno lavare i piatti.
Nel pomeriggio poi, dopo aver fermato il lavoro delle lavatrici; dopo aver detto di usare la quantita’ minima possibile di acqua per lavare il pavimento; dopo aver dato indicazione di non usare acqua per fini agricoli... abbiamo iniziato a vedere un rigagnolo dai rubinetti: si trattava di un’acqua color carbone, forse perche’ proveniva dal fondo del tank, e raccoglieva terra e polvere dallo stesso. Ma che farci! Ho chiuso gli occhi ed ho messo sotto il getto una garza che poi ho usato per inumidire la pelle di un paziente che doveva sottoporsi ad ECG.
I doni preziosi come l’acqua, si apprezzano molto di piu’ quando ne devi fare a meno.
Tutto questo indica ancora una volta come Chaaria sia totalmente dipendente dall’elettricita’, anche per le risorse idriche. Il grave incidente elettrico che si sta dipanando in questi giorni, e di cui non conosciamo la fine (pare che si tratti di un furto di un cavo elettrico sulla linea... aspettiamo un team da Nairobi, ma non si sa quando verra’), ci indica che dobbiamo cercare fonti energetiche alternative, per evitare di crollare durante il presente black out o in occasione del prossimo: penso soprattutto a buoni pannelli solari da applicare su tutta la missione.
Per ora pregate per Chaaria: lavare la biancheria e’ quasi impossibile. Continuiamo con un generatore che quasi non ce la fa piu’. Spesso spegnamo tutto, per far riposare la macchina e lavoriamo al lume di candela.
Ad aprile scorso sono stato a Mapuordit in Sud Sudan dove non c’e’ mai stata la corrente elettrica, ma direi che la’ era in qualche modo meglio, perche’, sapendo che l’elettricita’ non c’era per niente, i Comboniani hanno realizzato un sistema eccezionale di pannelli solari che permettono di vederci benissimo ed addirittura di azionare il satellitare ed i frigoriferi. L’unico settore che usa generatore e’ la sala operatoria per la sterilizzazione e il condizionamento dell’aria.
Invece i pochi pannelli che abbiamo a Chaaria non danno una luce sufficiente, e spesso la carica della batteria finisce prima che sia mattina, obbligandoci a ricominciare l’uso del generatore.
A volte mi vengono pensieri depressi, come per esempio la necessita’ di chiudere temporaneamente l’ospedale, se il generatore crolla, o se proprio rimaniamo senz’acqua... ma speriamo che la situazione si risolva prima che succeda questo disastro.


Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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