venerdì 30 aprile 2010

Chirurgia della mano il giorno della festa del Cottolengo

Bundi ha avuto una terribile discussione con i suoi fratelli, a causa della divisione delle terre dei loro antenati.
Purtroppo il litigio e’ diventato molto caldo, e, a causa dei fiumi di birra locale al miele che erano stati “tracannati” durante le lunghe ore di animosita’, si e’ trasformato in una tragedia.
Uno dei suoi fratelli, accecato dall’ira, ha afferrato un machete ed ha colpito Bundi sul braccio sinistro, tranciando carne, muscoli, tendini, nervi ed ossa.
Il paziente e’ arrivato in pessime condizioni. La ferita sanguinava abbondantemente, e temevamo di dover ricorrere ad una amputazione.
Ma la Provvidenza ha voluto che, proprio il giorno della festa del Santo Cottolengo, noi avessimo a disposizione un team di chirurghi della mano.



Luciano e Giulia, con pazienza certosina, hanno riallineato le ossa, cercato e riparato le arterie, “rifatto” nervi, tendini e muscoli... rimettendo la mano in posizione naturale, e poi ingessando l’arto con maestria.
Hanno lavorato con occhialini muniti di microscopio, ed hanno usato fili cosi’ piccoli che quasi non si vedono ad occhio nudo.
Ma il risultato e’ stato ottimo.
Luciano e’ sicuro che Bundi riprendera’ appieno l’uso della mano... e la cosa e’ tanto piu’ importante, in quanto lui e’ mancino!
Ancora una volta rendiamo grazie a Dio per i volontari, e per le grandi cose che diventano possibili ogni giorno a Chaaria proprio grazie alla loro dedizione e competenza.
Ringraziamo anche il Signore per aver voluto ridonare l’uso della mano a Bundi proprio nel giorno di San Giuseppe Cottolengo.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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