lunedì 3 maggio 2010

Una reazione trasfusionale

Non sono sicuro di cio’ che e’ successo...
Moreen viene portata in ospedale dai suoi parenti ieri sera dopo le ore 18.
E’ molto debole e con febbre alta. Le sue congiuntive appaiono estremamente pallide, e l’emocromo, fatto urgentemente, si rivela spaventoso: 2.6 grammi di emoglobina.
Anche le sue piatrine sono bassissime, all’incirca 61.000.
D’istinto la febbre mi porta a pensare alla malaria. Ordino la “goccia spessa” e poi le metto una mano sulla pancia:
“ha una milza ingrossata... e questo potrebbe andare nella linea della mia diagnosi”, rimugino tra di me.
I globuli bianchi sono normali, e, ascoltandole il torace, non odo segni di infezione polmonare. Le chiedo se ha problemi a far la pipi’, e lei mi dice che urina sangue.
L’ecografia addominale e’ assolutamente insignificante, a parte la milza ingrandita che gia’ avevo notato alla visita.
Il catetere vescicale non conferma l’ematuria, ma dimostra un liquido nero, molto simile alla coca cola. Facciamo l’uristick e stranamente la ricerca di globuli rossi e’ in effetti negativa.
“Sembrerebbe una black water fever, cioe’ la mioglobinuria massiva causata dalla malaria”.
Siccome anche il chinino in vena puo’ precipitare ulteriore lisi della mioglobina con grave rischio di danno tubulare ed insufficienza renale acuta, decidiamo di somministrare a Moreen un derivato artemisinico, e di richiedere le prove crociate urgenti per avviare la trasfusione.
Solo a questo punto mi rendo conto di quanto la paziente sia sporca.
Ha la pelle coperta di terra e polvere che potrebbero essere vecchie di settimane. I suoi vestiti sono stracciati... e questo mi dice molte cose sullo stato finanziario della sua famiglia.
“Facciamole un bagno in barella prima di metterla a letto...”
Mi sento abbastanza tranquillo, perche’ mi pare di essere arrivato ad una diagnosi. Anche la “goccia spessa” risulta positiva, e tutto punta verso una malaria complicata. Non mi pare leucemia, visto che i globuli bianchi sono normali; e l’ecografia ha escluso cause ostetriche per l’anemia o altre emorragie interne.
Riusciamo ad avere il sangue entro 40 minuti ed iniziamo a infonderlo lentamente. Lo so che una sacca non e’ molto. Sono anche cosciente del fatto che il nostro frigo e’ al momento completamente sprovvisto di altro “0 positivo”; ma una sacca gia’ migliorera’ la condizioni emodinamiche, e poi speriamo che qualche parente venga a donare.
Vado a dormire verso le 23 augurandomi in una notte tranquilla che mi doni forza per il lunedi’, che e’ sempre il giorno piu’ difficile della settimana... ed invece il cercapersone “gracchia” ripetutamente verso le 2.30 del mattino. Penso al solito cesareo, mentre tento di divincolarmi dalla zanzariera per raggiungere il walky-talky che ho sul comodino:
“Here I am, what’s the matter?”
“Vieni subito per Moreen. Sembra che stia morendo”.
Mi alzo con la testa piena di pensieri.
“Cosa sara’ successo? Ha forse iniziato a sanguinare da qualche parte?”
Arrivato nel general ward, vedo Lydia e Lucy in totale agitazione... Moreen e’ gonfiata su tutto il corpo immediatamente dopo la fine della trasfusione; ha un respiro molto difficoltoso e pare in edema polmonare. La pressione arteriosa e’ normale e non ci sono rush cutanei, papule od orticaria che mi possano far pensare ad una reazione allergica.
“Il gruppo corrispondeva?”, chiedo in modo concitato.
“Certamente! Malata e sacca entrambi 0 positivi”.
“E le prove crociate?”
“Fatte regolarmente... e compatibili!”
Non riesco a capacitarmi di quanto possa essere successo.
“Non possiamo pensare ad un sovraccarico di liquidi per una sola pinta di emazie... e poi non avevo trovato segni di insufficienza cardiaca alla visita da me eseguita all’ingresso”.
Continuiamo la rianimazione affidandoci ora al cortisone, ora ai diuretici ed ora all’adrenalina.
Moreen diventa sempre piu’ agitata... non resiste in alcuna posizione. Il respiro e’ pauroso e non migliora. La fronte e’ “imperlata” da gocce di sudore gelido come la morte.
Lottiamo insieme a lei per un’ora... poi rapidamente la respirazione si fa periodica, mentre noi assistiamo impotenti alle sue ultime contrazioni premortali.
La vita ci e’ sfuggita di mano e non ne conosciamo appieno la ragione: sara’ una reazione trasfusionale a qualche sottogruppo che a Chaaria non riusciamo a testare? Oppure e’ solo la malaria complicata che ha continuato il suo corso inesorabile, forse rendendola ancor piu’ anemica nonostante il sangue?
Non lo sapremo mai!
A noi rimane in bocca il sapore dell’ennesima sconfitta.
Guardo l’orologio e mi rendo conto che sono gia’ passate le 4 di mattina... Ritorno in camera, ma lo so gia’ che mi girero’ tra le lenzuola senza piu’ riuscire a chiudere occhio.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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