mercoledì 11 marzo 2009

Il sogno stà diventando realtà - La gastroscopia


Sono davvero felice perchè finalmente oggi abbiamo fatto le prime gastroscopie a Chaaria. E' stato un sogno nel cassetto per tantissimo tempo. Adesso però, con l'arrivo del nuovo gruppo di amici dalla Sardegna, la dottoressa Marina ha per la prima volta assemblato e messo in azione il gastro ed il colonscopio che da tempo avevo ricevuto da Sara Rubatto. Sara ha atteso per più di un anno la foto che oggi pubblichiamo sul blog, ma il fatto è che io avevo paura ad iniziare da solo. Non voglio fare l'apprendista stregone, e non desidero certo fare gli esperimenti sulla pelle degli altri.

Ora Marina ha attivato il tutto, e con gioia ci siamo resi conto che gli strumenti sono di ottima marca ed in perfette condizioni. Abbiamo già eseguito la gastroscopia ad alcuni pazienti. Per me è un vero e proprio STAGE, dove la pazientissima gastroenterologa mi faceva vedere, passo passo, come inserire lo strumento, come farlo procedere e come arrivare alla diagnosi.
Anche alla Piccola Casa di Torino avevo accumulato una discreta esperienza: infatti per molti anni ho frequentato l'ambulatorio endoscopico: ma là ho sempre e solo guardato, mentre un altro dottore conduceva il test. Ora è diverso. Tocca a me fare tutto. Mi sento eccitato ed impaurito nello stesso tempo. Ma tra me penso: se sono riuscito ad imparare tecniche come quelle della isterectomia o dell'ernia inguinale, vuoi che non impari gastro e colonscopie?
Mentre ancora ringrazio il preziosissimo contributo dei volontari sardi, oso chiedere se ci fossero altri endoscopisti digestivi che avessero voglia di venire ad insegnarmi ancora, dopo Marina.
Ciao

Fr Beppe


Gastroscopia.jpg


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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