lunedì 6 aprile 2009

Riflessioni giornaliere dal Diario di Padre Pasquale SSC su alcuni "Detti e Pensieri" di S. Giuseppe Cottolengo, a cura di Lino Piano


Numero 35

Non registrate quello che la Divina Provvidenza ci manda; essa è più pratica di noi nel tenere le partite, e non vogliate mai sapere il numero dei ricoverati, perché questo è un farle torto; non immischiatevi dei suoi affari; ché, state quieti, essa non ha bisogno di noi.


Riflessione

Dio si nasconde nei poveri e nei deboli che gridano innanzitutto il loro bisogno di riconoscimento e di comunione. Non tutti potremo cambiare radicalmente il nostro stile di vita, ma tutti possiamo sperare che il nostro cuore si apra allo Spirito di Dio e a un mondo di compassione autentica, di servizio ai nostri fratelli. Ma dove troveremo l’energia e la forza per cambiare i nostri cuori di pietra in cuori di carne, per abbattere le barriere di timore che ci siamo costruiti attorno? Soltanto lo Spirito di Dio può darci la forza di passare da un mondo di egoismo e di amore del guadagno, ad un mondo di comprensione, di condivisione e di sacrificio. Soltanto lo Spirito d’Amore può trasformare i nostri cuori di pietra in cuori di carne capaci di tenera e vera compassione. Non si tratta infatti soltanto di identificarsi con i poveri e di distribuire loro le nostre ricchezze; “ciò non serve a nulla” dice san Paolo (1 Cor 13) se il cuore non è mosso dall’amore, quell’amore che può venire solo dallo Spirito di Dio. Lo Spirito di Dio possa insegnare a ciascuno di noi che la grandezza della vita non dipende da ciò che si acquisisce, ma da ciò di cui ci si spoglia per condividerlo; una tale grandezza non viene soffocando la vita, ma donandola. Il Cottolengo ci invita a non perdere tempo a registrare le qualità e i doni che la Divina Provvidenza ci offre, ma ci sprona a verificare quanto amore Dio riesce a trasmettere attraverso di noi “servi inutili”.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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