lunedì 26 luglio 2010

Alcune considerazioni sui dati relativi alla malaria

Alcuni giorni fa sono apparsi sul blog dei diagrammi circa la percentuale di positivita’ al test per la goccia spessa nel laboratorio analisi del Cottolengo Mission Hospital.
Desidero esprimere alcune osservazioni che possono aiutare a comprendere meglio i numeri esposti graficamente.
La ragione principale della bassa incidenza della malaria nei dati di laboratorio dei primi 6 mesi del 2010 va certamente attribuita al successo ed all’impatto che la distribuzione di zanzariere impregnate con piretro sta avendo sulla popolazione generale.
Ci sono poi altre considerazioni importanti da tener presenti: in Kenya il personale sanitario tende ad enfatizzare troppo il peso della malaria nella genesi dei disturbi lamentati dai loro pazienti. Sovente vengono attribuiti alla malaria sintomi del tutto aspecifici, come il mal di testa, il mal di schiena o una febbricola che potrebbe magari essere dovuta ad una eziologia diversa (influenza, infezione delle vie respiratorie, patologia urinaria). E’ chiaro quindi che tanti test negativi sono da attribuire al fatto che il triage e’ spesso fatto in modo scorretto, e che non c’era in partenza l’indicazione per l’esame stesso.
Altro fatto da tener presente e’ che molti pazienti vengono in ospedale con lo scopo specifico di testare una malaria che essi pensano di avere. Molte volte la loro auto-diagnosi e’ scorretta ed il test e’ di necessita’ negativo.
Nella percentuale dei risultati negativi dobbiamo anche considerare che sempre si fa un test di controllo dopo terapia antimalarica con coartem, o con chinino. Per cui molti negativi sono in realta’ malarie curate.
Il dato che tra i positivi ci siano piu’ donne che uomini e’ in parte spiegato dal fatto che la percentuale di gravidanze tra i clienti dell’ospedale e’ decisamente alta, e tutti ormai accettano la certezza che la gravidanza predisponga a forme gravi di malaria.
Secondo la nostra esperienza non ci sono sinergismi tra malaria ed HIV.
Non abbiamo notato che l’immunodeficienza acquisita predisponga ad attacchi malarici piu’ frequenti o piu’ devastanti. Ne’ abbiamo osservato che uno o piu’ episodi di malaria accelerino in qualche modo la deplezione dell’immunita’ in soggetti sieropositivi.
La stessa cosa la possiamo affermare circa l’interazione tra TBC e malaria. Non abbiamo osservato diversita’ epidemiologiche significative rispetto alla popolazione generale.
E’ invece evidente anche a Chaaria la correlazione strettissima tra HIV e TBC: piu’ dell’80% dei nostri pazienti con tubercolosi sono anche positivi; e tutti i sieropositivi avranno un episodio tubercolare prima o poi nel corso della loro vita.
Inoltre la TBC accelera l’immunosoppressione, mentre l’HIV rende la TBC piu’ resistente alle terapie, piu’ letale e piu’ tendente alle recidive.
Questo non lo abbiamo osservato per la malaria in confronto alle altre due patologie sopra citate.
La terapia antimalarica non subisce variazioni se il paziente e’ HIV positivo anche in TARV, o se sta assumento farmaci per la tubercolosi.
La malaria rimane comunque una importantissima causa di morbidita’ e mortalita’ per il nostro ospedale. Pure osservando i dati del nostro laboratorio dal punto di vista dei numeri assoluti ci rendiamo conto che i positivi sono sempre sui 200 ogni mese... un numero del tutto ragguardevole.

Fr Beppe Gaido

PS: CON GIOIA ACCOGLIAMO CHIARA GIANNETTO, DENTISTA ALLA SECONDA ESPERIENZA A CHAARIA.
LA RINGRAZIAMO DI CUORE PER AVER SCELTO DI TORNARE A DARCI UNA MANO IN QUESTO POSTO SPERDUTO DELL’AFRICA ORIENTALE.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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