venerdì 6 agosto 2010

Una rosa da Chaaria

A meta’ strada fra Nairobi e Nakuru, sul lago Naivasha, si sono sviluppate estese colture di fiori che vengono esportati in Europa, ove il prodotto risulta molto competitivo.
Se andate dal vostro fioraio e gli chiedete una rosa senza spine, probabilmente vi proporra’ un fiore che e’ stato selezionato e coltivato proprio in questa zona.
Ma vi assicuro che qui in Kenya di rose senza spine non se ne vedono proprio in circolazione, perche’ vengono riservate a quegli illusi degli europei che credono di poter dominare tutti i disagi della vita, compresi quelli legati alla natura.
Anche nella Missione di Chaaria ci sono delle aiuole con belle rose e, come recita il famoso proverbio, non ce n’e’ una senza spine.
Nella biblioteca della Missione ho trovato una spiegazione di cio’ in una grande opera teologica e letteraria dettata da un’autrice analfabeta che ha illustrato mirabilmente il signifato dell’amore e della sofferenza. 
Ne riporto un brevissimo passo, di grande lirismo. Chi l’ha composto voleva suggerirne la lettura soprattutto in chiave escatologica, con il pensiero rivolto al fine ultimo dell’esistenza:

“Conviene sentire  fra  le  spine l’odor della rosa prossima ad aprirsi”.
(Santa Caterina da Siena. Dialogo della Divina Provvidenza, 1378).

Pierantonio Visentin

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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