giovedì 10 marzo 2011

Il rullo compressore di Chaaria

Il numero di malati è altissimo.
Non abbiamo più posto dove metterli. In tutte le stanze abbiamo due pazienti per letto. Abbiamo anche steso dei materassi a terra nella nuova costruzione del CDF.
Ogni giorno diciamo: "oggi dimettiamo un sacco di persone, e quindi risolviamo il problema della penuria di letti"... ma poi ne ricoveriamo altrettanti, e la situazione non cambia.
Ogni sera verso le 21 è la stessa storia: l'ambulatorio è ancora pieno di malati gravi; bisogna ricoverarli... ma dove li mettiamo?
Siamo arrivati addirittura al punto di lasciare i malati sulle barelle di trasporto che si trasformano quindi in letti di emergenza. Abbiamo messo brandine volanti ovunque, ma i "nuovi arrivi" fioccano, e non abbiamo neppure il tempo di lasciar raffreddare i materassi dopo la dimissione.
Anche la situazione in ambulatorio non è molto più rosea che nei reparti.
I clienti ci sopraffanno; il corridoio brulica di persone come in un formicaio. Tutti si lamentano ed alzano la voce perchè aspettano da troppe ore di essere serviti... ma come fare ad essere più veloci: i malati sono effettivamente moltissimi... forse più di 450 pazienti ambulatoriali ogni giorno.
Quando mi dicono: "che razza di ospedale è questo, che fa attendere una persona dalle 8 di mattina alle 3 del pomeriggio prima di vedere il medico?", io vorrei rispondere loro che la notte scorsa ho avuto un raschiamento alle 22.30, ed un cesareo all'una del mattino; che sono in servizio dalle 7.30 di stamane e mi sono concesso un pranzo di cinque minuti. Ma poi penso che è meglio stare zitto e mandare giù i rospi più amari.
Gli esseri umani sono autocentrati e forse egoisti di natura.
Al paziente non può interessare che tu pranzi in dieci minuti magari alle 4 del pomeriggio, o che da anni non ti conceda una brevissima siesta, o che da un decennio tu sia di guardia tutte le notti (compresa la domenica). A loro importa essere serviti presto, bene e senza anticamera.
Tutto il resto è da accettare, da offrire al Signore, e da vivere come sacrificio quaresimale.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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