domenica 28 agosto 2011

Il mio amico congolese

Ho la gioia di avere a Chaaria un amico della Democratica Repubblica del Congo. 
E' un chirurgo eccezionale che ha deciso di passare a salutarmi e di rimanere con me per 4 giorni. Naturalmente non e' venuto a Chaaria per dormire o poltrire... e' venuto invece per darci una mano; e tra ieri ed oggi abbiamo gia' fatto 15 interventi chirurgici. Con lui mi trovo benissimo perche' e' un medico/chirurgo delle aree rurali... proprio come il sottoscritto. 
Ha una chirurgia velocissima ed essenziale, perche' e' abituato ad avere anestesie precarie, ed a dover lavorare 18 ore al giorno proprio come me. Per questo non perde tempo, e non si lascia andare ai fronzoli... fa le cose essenziali per la vita del malato, sempre ricordando che in chirurgia "il meglio e' nemico del bene". 
Lui conosce un po' di Kiswahili, ma la sua lingua madre e' sostanzialmente il Francese. Anche questo aspetto della sua visita e' per me entusiasmante e bellissimo in quanto mi da' la possibilita' di un piccolo ripasso della lingua transalpina, anche se, scrivendoci spesso per email, in qualche modo la pratico costantemente. In sala e' di solito un bellissimo momento di mondialita'. Lui opera con maestria e sicurezza, e mi dice le cose in Francese; io le devo tradurre prima in Italiano per la collega sarda o per la ginecloga veneta, che sono al tavolo operatorio con noi... dopodiche' devo anche tradurre in Inglese per Makena, che naturalmente non comprende ne' l'una ne' l'altra lingua. 
E' un bel clima perche' con lui si sta bene... ed anche i volontari sono molto bravi. Non e' come per la torre di Babele... forse e' un po' come a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, perche' ci capiamo perfettamente, e gli interventi vanno bene. 
L'unico problema nasce a volte dai miei quattro poveri neuroni senili, in quanto vado in confusione... e parlo a Makena in Francese, a lui in Inglese, ed alle colleghe italiane in Kiswahili. Ma e' comunque una bella insalata, piena di risate e di sguardi di comprensione, in cui il non verbale ci aiuta a sentirci proprio uniti. 
Con la presenza di cosi' tanti chirurghi, abbiamo qualche difficolta' a stare dietro ai ritmi operatori massacranti con la sterilizzazione e con la lavanderia... ma, pensando a quante persone stiamo aiutando, tutti tirano la carretta con entusiasmo. 
Lo staff di Chaaria mi guarda spesso con sguardi sbacaliti, mentre parlo con questa persona dal colore della pelle cosi' simile al loro, utilizzando un idioma a loro tanto ostico e persino fonte di risolini, soprattutto quando sentono la nostra pronuncia con la erre moscia. Che bella questa mondialita' di Chaaria, dove Italiani, Polacchi, Inglesi, Tedeschi, Americani, Canadesi ed Africani di varie Nazioni si possono incontrare, per lavorare e servire il prossimo insieme. 
Lasciatemi dire che ci sentiamo un po' l'ombelico del mondo. Siamo in mezzo alla campagna africana, ma gente di cosi' tante estrazioni, nazionalita' e continenti ci conoscono e fanno la gara per aiutarci e stare con noi. 

Fr Beppe



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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