venerdì 4 novembre 2011

Notizie dagli orfani

Amici e sostenitori,scrivo queste due parole in risposta a molte domende che i volontari ci pongono riguardo ai nostri orfanelli.
Timothy, da tempo trasferito a Nkabune, e' in ottime condizioni di salute ed ora cammina senza problemi. Stare con molti altri bimbi gli ha fornito tutti quegli stimoli alla motilita' che erano stati forse carenti a Chaaria.
Gli altri bambini presenti a Chaaria stanno tutti bene, a parte una dermatite da pannolino (in parte impetiginizzata) che da tempo affligge il sederino di Miriam.Ringraziamo di cuore Ornella per averci donato due nuovi passeggini per il servizio degli orfani.Un problema che stiamo notando con i nostri orfanelli e' una certa tendenza alla dislessia (in pratica un ritardo nell'iniziare a parlare, e l'emissione di suoni strani che non corrispondono a nessuna delle lingue conosciute). Abbiamo contattato un logopedista, il quale, dopo una attenta analisi della nostra situazione di servizio, ha suggerito che nella testa dei bimbi ci sia una certa confusione ed una difficolta' nell'incasellare le lingue che essi odono: lo staff locale infatti parla loro in Kimeru e Inglese, mentre i volontari usano invece l'Italiano.
La sua osservazione e' che comunque, quando trasferiti a Nkabune, insieme agli altri bambini, la situazione del loro linguaggio migliorera' velocemente, senza lasciare difetti o ritardi.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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