sabato 25 febbraio 2012

Il digiuno gradito a Dio



Idealmente oggi mi collego con il post del mercoledi’ delle ceneri.
Mentre ripeto la mia convinzione che un po’ di digiuno non mi fa assolutamente male (oggi per esempio mi ha scritto un amico missionario che opera in Niger e mi ha detto che laggiu’ il 65% della popolazione non ha cibo a sufficienza a causa della siccita’), desidero pero’ lasciarmi stimolare dalla lettura del Profeta Isaia propostaci nella Messa di ieri. Invito tutti voi a rileggere Is 58,1-9.perche’e’ un testo stupendo ed estremamente forte, poetico e chiaro nello stesso tempo.
In pratica il Profeta asserisce che Dio e’ nauseato dai nostri digiuni e non ce la fa piu’ con le nostre solenni liturgie che ci servono piu’ che altro per metterci a posto la coscienza, mentre nella vita di tutti i giorni ci odiamo a vicenda, sparliamo gli uni degli altri, siamo ingiusti verso il nostro prossimo ed opprimiamo i deboli. Dio ci ricorda che non possiamo lavarci la coscienza con delle pratiche esterne quando nelle nostre comunita’ c’e’ guerra intestina, pregiudizio, oppressione del povero ed ingiustizia verso i deboli. Isaia ci indica che il digiuno gradito a Dio e’ togliere i gioghi ingiusti, soccorrere l’orfano e la vedova, lavorare per la giustizia.
Ecco quindi una nuova chiave di lettura per il nostro digiuno quaresimale: dobbiamo soprattutto cercare di volerci piu’ bene, e di agire e parlare solo per il bene degli altri. Volersi bene e’ il centro del Cristianesimo; e’ il primo e piu’ importante comandamento... ma e’ anche il precetto piu’ disatteso.
A volte provo una certa repulsione interiore verso gente che e’ fedelissima alle ore di preghiera, “piega il collo come un giunco” (secondo la bella immagine di Isaia), e poi non sa aiutare gli altri, non gioisce del successo del prossimo ma della sua umiliazione. Che senso ha fare lunghe ore di adorazione se poi usciamo dalla cappella per scannarci a vicenda, per sparlare gli uni degli altri, per attaccarci e poi portare il muso per lungo tempo? Io credo nella preghiera e nella necessita’ di stare con Dio per aver da Lui la forza di riconoscere il volto di Cristo negli altri, ma sono onestamente dubbioso da certe forme di religiosita’ esterna che non si traducono in comportamenti almeno un po’ coerenti con il messaggio cristiano. Se si esce di chiesa peggiori di come si era entrati, se la preghiera non si traduce in atti di coerenza e di carita’, allora forse non si e’ pregato affatto (cfr lettere di San Giacomo). Isaia e’ molto forte quando afferma che Dio non ne puo’ piu’ delle nostre cerimonie, ma onestamente comprendo il senso di una tale provocazione, perche’ anche io sento repulsione davanti a tanti “perfetti” che pregano un sacco, e poi nella vita smentiscono la loro orazione.
Ecco quindi che oggi abbiamo un nuovo stimolo per la conversione: il nostro digiuno deve essere lo sforzo di volerci bene, di essere buoni con tutti, di servire gli altri nella carita’, di lottare per la giustizia. Il nostro digiuno e’ nel diventare sempre di piu’ i servi dei nostri fratelli... soprattutto i poveri e gli oppressi.
E’ un digiuno ancor piu’ esigente di quello del cibo, ma sicuramente puo’ portare grandi frutti nella nostra vita se ci proviamo con serieta’... ed e’ il digiuno che Dio accetta, secondo le parole di Isaia.
PS: i bambini nella foto sono dell’ospedale di Chaaria e non del Niger.


Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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