giovedì 17 maggio 2012

Una lettera dall'Italia

Caro Beppe,
ti ringrazio molto per le tue parole scritte nei miei  confronti grazie, di cuore.
Io ho cercato di fare del mio meglio e sono  stata bene con voi e ci rivedremo presto.
Volevo dirvi che state facendo  molto per gli altri vi ammiro molto, siete grandi e sono  molto contenta di avervi conosciuto; non sentitevi soli, noi tutti i  volontari vi pensiamo e non vi abbandoneremo mai.
Vi invio le foto come  mi avevate chiesto.
Un abbraccio.

Irene


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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