martedì 28 agosto 2012

Lesioni da panga


Erano le 22 di ieri sera quando Alice e’ arrivata con profondi tagli sulla mano destra e sul cuoio capelluto.
Ancora una volta si e’ trattato di un diverbio familiare in cui il marito, in preda ad un raptus d’ira, ha impugnato il machete ed ha infierito sulla consorte. Pare che la collera uxoricida fosse resa meno lucida e piu’ bestiale, a motivo di una sonora sbronza.
Fortunatamente stavolta la signore e’ stata in qualche modo fortunata. La ferita sul cranio non ha raggiunto la dura madre, e quella sulla mano non ha reciso i tendini.
Pur essendo una sutura un po’ lunga da fare a quell’ora della notte, eravamo comunque contenti che le ferite apparissero abbastanza benigne.
Naturalmente la donna e’ stata ricoverata per osservazione per almeno 24 ore, al fine di diagnosticare ogni possibile segno di danno cerebrale.
Faremo una lastra del cranio, ed una della mano per reperire ogni possibile frattura.
In caso di peggioramento del livello di coscienza penseremo anche ad una TAC cerebrale al fine di diagnosticare eventuali ematomi peri o subdurali, o addirittura intracerebrali.
Per gli ematomi peri e subdurali possiamo riferire il paziente a Meru, mentre per quelli intracerebrali possiamo solo chiedere al paziente se ha possibilita’ economiche di andare al Kenyatta National Hospital a Nairobi.
La panga e’ uno strumento molto comune in tutte le famiglie: e’ l’attrezzo di base in agricoltura che anche i bambini sanno usare per tagliare erba o rami, per pantare i nuovi virgulti e per vangare la terra.
Purtroppo pero’ troppo spesso diventa un’arma terribile!
Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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