domenica 26 agosto 2012

Naomi va a casa


Oggi Naomi e’ raggiante perche’ l’abbiamo portata a casa dalla nonna per una settimana di ferie.
Vuole molto bene alla sua nonnina, che e’ colei che l’ha accolta quando, sei giorni dopo la nascita, e’ stata abbandonata dalla mamma, che si e’ volatilizzata nel nulla. E’ stata sempre la nonna vedova a prendersi tutto il peso della famiglia, negli anni in cui pian piano il babbo di Naomi si e’ ammalato di depressione ed e’ morto quando la bimba aveva sei anni.
L’anziana signora e’ stata la sua vera ed unica madre, finche’ Naomi e’ stata bene. Nonostante le difficili condizioni economiche, e’ stata capace di portarla avanti con gli studi fino alla seconda superiore.
Ecco perche’ Naomi le e’ cosi’ affezionata e riconoscente!
Ecco anche la ragione per cui Naomi e’ tanto tenera con i nostri orfanelli: “sono un’orfana anch’io”, mi dice sempre, “di mia mamma non conosco neppure la faccia, ed il volto di mio padre non e’ altro che un nebbioso flash nel mio passato remoto”.
Naomi normalmente non puo’ stare a casa a lungo, sia perche’ la piccola baracca senza elettricita’ e senz’acqua ha delle barriere architettoniche, sia perche’ la nonna invecchia e fa fatica ad aiutarla nelle sue piccole necessita’ quotidiane.
Questa piccola vacanza e’ comunque un momento attesissimo e sospirato per Naomi.
La sua casa e’ a Mikinduri, a circa 20 minuti di strada a Chaaria: oggi ho deciso di accompagnarla io, sperando di non essere interferito da un cesareo urgente.
Auguriamo a Naomi giorni sereni con la sua nonna, ed un periodo  di meritato riposo dal durissimo studio che vede Naomi impegnata nella preparazione del suo esame finale.
Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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