sabato 22 giugno 2013

I problemi vengono sempre in serie

Non che essere senza energia elettrica sia una novità per Chaaria; ma rimane il fatto che i frequentissimi black out di cui non ti aspetti l'inizio (in quanto nessuno ti informa) e di cui non puoi nemmeno immaginare la fine (perchè l'ente erogatore in genere dà risposte elusive se li contatti, e certamente non si impegna così velocemente a riparare un danno su una linea rurale come quella di Chaaria) rimangono uno degli aspetti più ansiogeni della gestione di Chaaria.

Quando piove la luce manca spessissimo perchè cadono gli alberi sulle linee o crollano tralicci, e poi la riparazione tarda perchè le strade sono impraticabili.
Quando è stagione secca, manca l'acqua nelle dighe e quindi c'è il razionamento.
Il fatto è che qui non abbiamo davvero una erogazione stabile, ed al momento non abbiamo una struttura in grado di reggere a lungo con i gruppi autogeni o con l'energia solare.





Oggi manca la corrente dalle 9 di mattina e certamente non ce la aspettiamo durante la notte. A tutto questo si aggiunge il fatto che in pomeriggio è andato i blocco il generatore nuovo e non siamo stati capaci di farlo ripartire. Meno male che abbiamo il generatore di back up e che quet'ultimo si è avviato senza problemi, ma l'incidente di oggi aggiunge ansia ad una situazione energetica già di per sè ansiogena.
Oggi siamo stanchi di chiamare e di non avere risposte, per cui ho messo il cuore in pace.
Alle 23 spegnerò il generatore e dirò al personale dell'ospedale e dei Buoni Figli di usare i pannelli solari. Se capiterà un cesareo, correrò ad accendere il generatore vecchio (sperando che parta) prima di andare in sala. I pannelli ci aiutano molto certamente, ma alcuni servizi importanti non possono essere coperti dai pannelli che non sono abbastanza potenti. 
Stanotte quindi i frigoriferi del laboratorio e della farmacia saranno spenti, così come le incubatrici del nido.
Per sopperire alla funzione di queste ultime imbacuccheremo i prematuri con piccole copertine. Per i frigoriferi non abbiamo alternative. Altro settore dove non potremo attivare le celle è il mortuario, che non è collegato ai pannelli.
Stanotte non sterilizzeremo e non useremo le lavatrici. Naturalmente non pomperemo neppure l'acqua. Immaginate quanto lavoro rimane quindi indietro per domani!
Domattina presto quindi, avremo certamente bisogno del generatore, sia per la lavanderia, che per le pompe dell'acqua, che per la sterilizzazione, che per il mortuario e naturalmente per tutti i macchinari del laboratorio, della sala operatoria e dell'ospedale in genere.
Inizieremo nuovamente ad attaccarci al telefono con la speranza che prima o poi l'elettricità ritorni e con la paura che se ne possa andare di nuovo appena dopo essere tornata.
E' una situazione difficile da capire in Italia dove la luce non manca mai... ma è intuitivo comprendere che, senza energia, un ospedale di 160 osti letto con maternità e sala operatoria non può funzionare.
E' difficile forse farvelo percepire, ma a volte mi pare che, se mai l'ospedale di Chaaria dovesse chiudere, questo non sarà perchè io sono crollato di stanchezza, ma piuttosto perchè non riusciamo più a portare avanti il servizio per motivi di collasso energetico (sala
operatoria ferma, laboratorio bloccato, sterilizzazione paralizzata, totale mancanza d'acqua, lavatrici inutilizzabili per lavare la biancheria sporca)... e l'incidente di oggi al generatore per me è stato un campanello d'allarme abbastanza ansiogenico ed angosciante.
Ma non voglio finire questo post con una nota solo pessimistica: lo so infatti che la Provvidenza c'è e che magari ci lascia tribolare ed anche toccare il fondo, ma poi, quando siamo sull'orlo del precipizio o al limite della disperazione, viene sempre in nostro soccorso.
Siam certi che interverrà anche stavolta.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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