mercoledì 11 settembre 2013

Kimani è troppo forte

Kimani stava bene già da giovedì... ma io e Giancarlo abbiamo deciso di provare a tenerlo in ospedale per vedere se domenica riuscivamo ad evitagli la mirraa.
Quando era ricoverato aveva su un’ago-cannula per il plasil che ha fatto i primi giorni... e poi l'abbiamo tenuta per qualsiasi evenienza.

Sabato già mi chiedeva di rimuovere la cannula, ma io gli dicevo che finchè era malato ed in ospedale la cannula la doveva tenere...
Ebbene, domenica era vestito di tutto punto, pronto ad uscire ed andare a Chaaria per la miraa, ma non ha trovato nessuno che gli togliesse la cannula.

Giancarlo lo aveva avvisato che, se mai si fosse tolto da solo la cannula, avrebbe sanguinato molto, e poi avremmo dovuto ricorrere alle iniezioni per salvarlo.



A malincuore si è convinto!

E così domenica Kimani è rimasto in ospedale, senza sedazioni nè contenziosi... bensì grazie ad una piccola cannula!
Ieri sera alla buona notte si è meritato una soda e la promessa che, se stava bene, lo avrei dimesso l'indomani.
Stamattina, appena sono arrivata in reparto, ha afferrato una cartella a caso pensando fosse la sua....ha preso in mano il mio fonendoscopio, è andato a prendere lo sfigmomanometro dal reparto donne ed ha voluto che gli prendessi la pressione, lo visitassi e lo dimettessi seduta stante...


Erano appena le 8.30 e Kimani era già dimesso!

E’ fortissimo.... mi mancano i suoi baci della buona notte al giro serale!

Giulia



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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