venerdì 27 dicembre 2013

Certe cose mi fanno accapponare la pelle


Oggi è stata una giornata senza un minimo di respiro. Come immaginavo gli ospedali pubblici non funzionano affatto ed anche oggi molte donne che hanno affollato la nostra maternità ci hanno detto di essere state rifiutate da certe altre strutture perchè di fatto chiuse.

Oggi poi abbiamo avuto tutta una serie di complicazioni e di emergenze ostetriche: una gravidanza extrauterina con gravissima emorragia interna, vari aborti con sanguinamenti massivi, e poi una rottura d'utero veramente spaventosa.
Sempre abbiamo agito con la massima celerità per poter salvare la vita di questi pazienti, e ci siamo sentiti galvanizzati al pensiero che noi ci siamo sempre, quando la gente sta male e non sa dove andare.
C'è stato però un momento di profonda tristezza, all'arrivo della donna con la rottura d'utero: era in condizioni gravissime e pensavamo addirittura di perderla; l'ecografia ci aveva già documentato la morte endouterina del feto; non avevamo sangue ed abbiamo dovuto chiedere al marito (un nanerottolo tutto stracciato) di donare lui.
Gli abbiamo poi chiesto se avessero qualche piccolo contributo da darci all'atto del ricovero. Il marito ha detto che di soldi non ne aveva affatto perchè i "missionari" che lo avevano accompagnato con la moglie nella loro ambulanza, avevano preteso di essere pagati 3000 scellini prima di poter iniziare il viaggio (circa 50 chilometri).



La cosa mi ha fatto stare malissimo: una donna stava per morire e quelle persone consacrate chiedevano soldi; noi certamente abbiamo fatto tutto quello che era necessario e siamo riusciti anche a non fare l'isterectomia ma a salvare l'utero della paziente; però non riuscivo a non pensare a quel fatto: delle persone donate a Dio, che magari pregano e non sono mai in ritardo in cappella come invece succede spessissimo al sottoscritto, non mettevano in moto la macchina se questi poveretti non pagavano il trasporto in anticipo... ed il prezzo era salato! 
E pensare che a me avevano avuto il coraggio di dire: "questa mamma non viene dalla nostra maternità; a noi hanno chiesto aiuto e quindi siamo venuti con l'ambulanza solo per soccorrerli... lei infatti era ricoverata in un'altra struttura".
Io però questo "aiuto" che porta via i soldi ai poveri non riesco a chiamarlo "soccorso", e non riesco neppure a definirlo servizio.
Abbiamo ricoverato la mamma gratis e le abbiamo certo salvato la vita, anche se il bimbo era già morto all'ingresso in ospedale; ma quell'incidente dell'ambulanza mi ha davvero rattistato.
Stasera ho di nuovo finito tardissimo in sala e, come spesso accade, non sono riuscito ad andare a pregare. Quei missionari forse sono stati puntualissimi in cappella ed hanno pregato tanto.
Mi viene però in mente la parabola del Buon Samaritano, e questo mi rasserena un po'.
Un altro episodio simile mi era successo alcune ore prima: ho operato un giovane leggermente disabile che era stato investito da un camion, riportando frattura di tiba e perone. La frattura però era del 22 dicembre, giorno in cui era stato ricoverato in un altro ospedale missionario... ma l'intervento non era mai stato fatto a motivo della solita ragione: non aveva soldi!
Che il Signore salvi sempre Chaaria da questa affezione al Dio denaro e la renda sempre aperta ai più poveri, soprattutto a quelli che non possono pagare.



Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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