giovedì 22 maggio 2014

Coltellate

Nell’ultima settimana, oltre alle solite “pangate” che fanno un po’ parte della tradizione traumatologica del nostro ospedale, abbiamo ricevuto anche due importante ferite da coltellata.

In entrambe le occasioni si è trattato di aggressioni avvenute nei dintorni di Chaaria.
Nel primo caso si trattava di un giovane uomo portatoci di notte con una piccola ferita dell’emicostato destro. 
Dalla ferita usciva sangue mescolato ad aria, fatto che provocava la formazione di bollicine ad ogni atto respiratorio.
La lastra del torace ha confermato la presenza di emo-pneumotorace destro, per cui è stato necessario apporre al paziente un drenaggio toracico a pressione negative (“under water seal drainage”, come qui lo definiamo): l’emo-pneumotorace si è risolto rapidamente con polmone a parete in 4 giorni. 
La dispnea è anche rapidamente migliorata.




Nello stesso paziente l’ecografia addominale aveva invece rilevato la presenza di una piccola falda di emoperitoneo in regione periepatica. Abbiamo pensato che forse la coltellata avesse raggiunto e trapassato il diaframma.
Siccome le condizioni cliniche del paziente erano stabili e pensare ad una sutura del fegato rientra tra quelle branche della chirurgia in cui non desidero avventurarmi, dopo essermi consultato con il Dr Pietro Rolandi in Italia, ho deciso di mantenere un atteggiamento di attesa e di osservazione. L’emotorace fortunatamente non è aumentato, ed anzi si è riassorbito gradualmente, per cui abbiamo sciolto la prognosi ed abbiamo mandato a casa il ragazzo, il quale per altro era in ottime condizioni.
Nel secondo caso, oltre ad alcuni tagli sul braccio destro, il paziente presentava una ferita penetrante da pugnalata nell’ipocondrio sinistro. 
L’ecografia addominale ha immediatamente dimostrato la presenza di importante raccolta ematica in peritoneo: la mia grossa paura era che la coltellata avesse raggiunto la milza e che davanti a me si presentasse lo scenario di una splenectomia d’urgenza. 
Invece, a paziente addormentato, ho potuto comprendere che il tragitto dell’arma da taglio andava verso il basso e verso destra. 
La ferita era in effetti penetrante in cavità addominale, come clinicamente avevamo sospettato: il coltello ha tagliato leggermente la capsula del fegato e la parete anteriore dello stomaco; poi è penetrato nel mesocolon trasverso dove ha provocato emorragia arteriosa. Fortunatamente non c’era alcuna perforazione viscerale a tutta parete. 
Abbiamo quindi legato i vasi sanguinanti; abbiamo lavato la cavità addominale ed abbiamo “richiuso”.
Questo paziente è ora in prima giornata post-operatoria e sta andando bene, anche se si è resa necessaria una trasfusione di sangue.
Mentre eseguivo tali pratiche di emergenza dicevo a Makena: “non molto tempo fa, entrambi questi clienti sarebbero stati trasferiti a Meru, perchè non eravamo in grado di aiutarli. 
Ora stiamo davvero crescendo e facciamo molte cose impensabili anche nel recente passato; infatti, non mi ricordo quando sia stata l’ultima volta che abbiamo riferito qualcuno ad un altro ospedale per motivi di chirurgia che noi non potevamo eseguire. 
Ringraziamo il Signore anche di questa nostra continua evoluzione”.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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