venerdì 24 ottobre 2014

La riunione dei volontari a Torino

Con questo breve scritto intendo sinceramente dire grazie a tutte le persone coinvolte nell’organizzazione delle giornate di formazione  per i volontari a Torino, nei giorni di domani e domenica.
Ringrazio di cuore l’Associazione Volontari Mission Cottolengo per il continuo supporto verso la nostra missione di Chaaria.
Esprimo la mia riconoscenza a tutti i “volontari veterani” che faranno da docenti ed accompagnatori nelle due giornate di formazione. So che qualcuno ha passato le notti per preparare delle presentazioni “power point” aggiornate ed accattivanti.
Ringrazio anche tutti gli aspiranti volontari che sacrificheranno il loro week end e parteciperanno alla formazione.
Grazie al Presidente Lino Marchisio ed a tutto il Consiglio Direttivo dell’Associazione.
Intendo ripetere che sono totalmente in linea con quanto l’Associazione porta avanti sia nel campo della selezione e sia in quello della formazione dei nuovi volontari.
Come responsabile dell’ospedale di Chaaria non posso che ringraziare tutti per l’aiuto economico, lavorativo ed emotivo ricevuto dall’Associazione per gli ultimi dieci anni.



E’ un aiuto difficile da definire in modo esaustivo in quanto i volontari sono stati parte integrante della crescita di Chaaria; i volontari poi ne hanno in qualche modo anche indirizzato lo sviluppo con le loro competenze e con il coraggio dimostrato nell’insegnarmele.
Pensiamo a tutto l’ambito chirurgico: sono stati i volontari ad insegnarmi la chirurgia e senza di loro certamente io oggi non saprei fare gli interventi che eseguo ogni giorno. Inoltre, senza il contributo insostituibile dell’Associazione, non avrei la nuova sala operatoria in cui oggi possiamo lavorare in modo confortevole ed efficiente.
Non possiamo certo dimenticare l’odontoiatria: è stato grazie ai volontari della Associazione che oggi possiamo vantare il più bel gabinetto odontoiatrico di tutto il Meru.
La mia prima anestesia spinale l’ho fatta sotto la guida di un volontario; lo stesso dicasi delle mie prime ecografie, dell’endoscopia e di molte altre procedure.
Tra non molti mesi le partorienti potranno avere una nuovissima maternità: anche qui dobbiamo dire grazie alla Associazione, sia per la raccolta fondi che per i volontari ginecologi che mi hanno formato e reso capace di gestire quasi tutte le necessità della nostra popolazione.
Sicuramente potrei continuare per ore ad elencare le ragioni del mio grazie, perchè è evidente che i volontari sono parte essenziale di Chaaria, sia come presenze fisiche durante l’anno, sia come mentori e formatori professionali per il sottoscritto, e sia come fonte inesauribile di offerte per la missione.
A questo punto mi fa piacere richiamare all’attenzione dei lettori il fatto che tale aspetto della vita di Chaaria è molto simile per certi versi agli albore dell’esperienza cottolenghina (per chi conosce la storia del nostro Santo, parlo degli anni che vanno dall’ispirazione originaria alla fondazione della Volta Rossa).
Il Cottolengo ebbe la sua “conversione” al servizio totale verso i poveri assistendo impotente alla morte di una giovane donna rifiutata da tutti gli ospedali di Torino.
Chiamato al cappezzale di questa poveretta e vedendo di persona la disperazione del marito e dei figli, il Cottolengo prese la decisione di fare “qualcosa” affinchè eventi del genere non si ripetessero più.
Da quel momento ispiratore, da quella “grazia ricevuta”, il Santo iniziò l’avventura della Volta Rossa prima e della Piccola Casa poi, e rimase travolto per sempre in una corsa forsennata lo portava ad aprire nuovi servizi ogni volta che incontrava una persona nel bisogno. Il Cottolengo imparò a non porre limiti alla sua azione caritativa, se non quelli imposti dalla limitatezza delle risorse umane a sua disposizione.
Anche a Chaaria, la maggior parte dei nuovi servizi sono nati dall’essere spettatori impotenti di qualcuno che moriva perchè non eravamo in grado di aiutarlo: quanti bimbi sono morti di anemia davanti ai nostri occhi, prima di poter iniziare con le trasfusioni! Quanti addomi acuti sono andati in paradiso perchè il trasporto a Meru è stato troppo pesante per le loro condizioni generali e l’attesa per trovare un chirurgo troppo lunga!
Anche noi, come il Cottolengo, abbiamo deciso di fare “qualcosa” a Chaaria affinchè tali decessi non si ripetessero più: ecco che pian piano sono quindi nati i servizi di trasfusione, la maternità con la possibilità dei cesarei, la chirurgia in tutte le sue branche, una medicina interna sempre più affinata e specializzata, le varie attività a favore della TBC, dell’HIV, ecc.
Anche noi siamo stati travolti in una corsa instancabile di servizio, proprio come il Santo Fondatore. Chaaria per noi è diventata un sogno da realizzare, un sogno di amore e servizio incondizionati per chi è ammalato e povero...e,  per portare avanti questo sogno, sempre ci siamo affidati agli insegnamenti dei volontari che hanno creduto in noi e ci hanno trasmesso delle competenze che poi noi siamo stati capaci di far fruttificare e di donare ai bisognosi per  dodici mesi all’anno.
La prima opera del Cottolengo, quella che chiamiamo la Volta Rossa, è stata gestita completamente grazie all’aiuto di volontari e volontarie, almeno fino alla fondazione delle suore nel 1832.
Anche da questo punto di vista Chaaria è molto simile a quegli inizi della esperienza cottolenghina, perchè pure noi ci siamo sempre affidati all’aiuto ed all’insegnamento dei volontari.
Con questi piccoli pensieri forse un po’ confusi, desidero semplicemente far sentire ai volontari che essi sono assoluitamente importanti e centrali nella vita di Chaaria, proprio come lo sono stati storicamente nella vita nella nascente Piccola Casa.
Le mie vogliono quindi essere parole di incoraggiamento, di apprezzamento e di riconoscenza.
In conclusione, auguro a tutti una feconda esperienza formativa a Torino.
Buon lavoro.
Sentiteci in comunione.


Fr Beppe Gaido  


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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