giovedì 11 giugno 2015

Il grazie dei malati è tonificante

Amina Guyo e’ una vecchia signora di Marsabit approdata a Chaaria per un grave prolasso uterino. 
Non conosce una parola di kiswahili e quindi risulta estremamente difficile sia per me che per lo staff comunicare con lei.
La visitiamo indicandole le posizioni da assumere con i gesti, e poi decidiamo di operarla. Per il consenso informato dobbiamo aspettare l’orario di visita e comunichiamo con lei con la mediazione del figlio.
Amina non sceglie la sospensione od il cerchiaggio uterino: decisamente opta per l’isterectomia.
Fare la spinale e’ stato un altro momento difficile che ha messo a dura prova la pazienza degli anestesisti. L’intervento pero’ e’ andato molto bene, e siamo riusciti a fare una buona isterectomia totale con sospensione della vescica. 
Nel post-operatorio non ci sono stati problemi ed Amina e’ tornata a casa ieri, dopo aver tolto tutti i punti. Con mia sorpresa, mi sono trovato sulla tastiera del computer una lettera firmata da lei: evidentemente l’aveva scritta il figlio, in quanto lei e’ illetterata. 
La lettera e’ commovente. Ha ringraziato tutti per il modo in cui l’abbiamo accolta e trattata dal primo giorno. 


Ha ringraziato Dio per noi a motivo del fatto che eravamo stati in grado di identificare e risolvere chirurgicamente il suo problema. Ha aggiunto di aver visitato molti altri ospedali, dove nessuno le aveva mai detto con chiarezza quale fosse il suo problema, e soprattutto non aveva mai fatto nulla di significativo per aiutarla a guarire.
La sua lettera si conclude in modo commovente con la frase seguente: “preghero’ Dio per voi. Grazie per avermi restituita ai miei figli completamente ristabilita”.

Fr Beppe
















Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....