domenica 27 settembre 2015

Notti africane

Ero andato a letto dopo le 23, ed ero completamente esausto.
Il sonno è stato veloce ad impadronirsi di me, ed in pochi minuti già ero scivolato nel mondo dei sogni.
Ma poi ecco nuovamente il suono così familiare e così angosciante di notte del mio cercapersone: ci metto un attimo a liberarmi dalle grinfie di Morfeo, non trovo il cicalino e faccio cadere la sedia.
Finalmente lo trovo e rispondo con voce assonnata. Dorothy dall'altra parte pronuncia la frase solita: "vieni che c'è un cesareo".
Mi scrollo dal torpore ed avviso Celina, la quale mi dice che verrà a piedi da sola, nonostante sia ormai mezzanotte.
Il tempo di cambiarmi e sono pronto per andare in ospedale. Cammino spedito e guardo la luna: non mi sembra affatto rossa, ma forse l'eclissi è domani.
Vado diritto in sala operatoria e, con mia sorpresa la trovo vuota.
Non è affatto normale, penso tra me. Di solito mi chiamano quando la paziente è già seduta in posizione per l'anestesia spinale.
Mi dirigo verso la sala parto per chiedere spiegazioni e trovo Eunice che stava rianimando due gemellini un po' pretermine.
"E' la mamma del cesareo?" chiedo io.


"Sì è lei. Ho pensato di non fermarti e di lasciarti venire perchè quella pancia è ancora troppo grossa ed a me sembra di sentire un altro battito fetale".
Mi vesto in modo adeguato e mi accingo a visitare quella mamma esausta ed ancora in preda a forti contrazioni: Eunice ha ragione. Con il dito esploratore sento chiaramente un altro sacco amniotico. Lo rompo per accelerare la discesa del feto e quasi subito mi rendo conto che è in posizione podalica.
"Come era la presentazione degli altri due?" domando allora a Eunice che ancora è alle prese con i due gemellini già nati.
"Podalica per entrambi", mi ha risposto.
"Andiamo bene", ho continuato io mentre mi preparavo alle manovre necessarie all'estrazione di podice.
Tutto è comunque andato bene, ed anche la terza femminuccia è nata senza problemi.
"Com'era il sesso di quelli che hai fatto nascere prima?", ho chiesto.
"Tutte donne", mi ha risposto Eunice, evidentemente su di giri per la tripletta. Poi dice: "subito dopo che ti avevamo chiamato per il cesareo, la mamma ha dato potenti spinte ed i bimbi sono nati in un batter d'occhio".
L'eccitazione in sala parto è palpabile da parte di tutto lo staff; pure la mamma è contenta, anche se un attimino stanca e provata sia dalla gravidanza plurigemellare e sia dal travaglio.
C'è stato ancora un momento di piccola tensione quando, durante il secondamento, Eunice, forse trasportata dall'onda emotiva, mi ha detto: "ce n'è un quarto".
A questa notizia la mamma stava per svenire.
Incredulo, io ho esclamato"quattro?"
Ho fatto quindi una veloce ecografia, portando lo strumento al lettino da parto, ma non c'era più nessun bambino.
Non ci sono poi stati più problemi, a parte un certo ritardo nel distacco delle placente.
E' il secondo caso di tripletta a Chaaria. Non so se la mamma è proprio contenta di questo nuovo reggimento di bambini da far crescere, ma certo per noi è stato un evento eccezionale.
Ritorno verso camera mia stanchissimo ma anche con un sorriso sulle labbra per quanto abbiamo appena fatto.
Guardo la luna piena. E' là, stupenda come sempre, ma a quest'ora è pallina e luminosa come al solito. L'eclisse sarà proprio domani!

Fr Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....