martedì 22 marzo 2016

La nostra solidarietà ed il nostro dolore

Ho saputo degli attentati di Bruxelles da Fr Giancarlo, che a sua volta lo aveva visto sul sito della BBC. Erano le 12.30 (ora del Kenya), circa due ore dopo gli attentati, considerando il fuso orario.
Eravamo entrambi sconvolti e senza parole: ciò che ci turbava di più era il numero dei morti, ma insieme anche questa insicurezza che ormai avvolge il mondo intero, dal Medio Oriente, all'Africa, per arrivare ora nel cuore dell'Europa, copita al cuore prima con Parigi ed ora con
Bruxelles.
Insieme a tutti ci chiediamo perchè uccidere persone innocenti, persone che non hanno fatto nulla di male e che non sono coinvolte in nessun blocco ideologico.
Abbiamo continuato a lavorare, e nel mio caso a operare in sala operatoria: ad ogni faticoso intervento che facevo, mi tornava in mente il pensiero di quanto è difficile, lungo e faticoso cercare di ridonare la salute a qualcuno, mentre invece in un attimo, con una esplosione, la vita la si può togliere o rovinare a molti.
Che tristezza pensare ad un mondo tanto pieno di odio, quando tutti siamo invece chiamati a volerci bene ed a servirci gli uni gli altri.
Mi impressiona molto anche il fatto che da quell'aeroporto ci sono passato anche io parecchie volte negli anni scorsi, e che ho viaggiato anche in quella metropolitana in una giornata stupenda in cui ho visitato Bruxelles con amici. 


Ogni volta che un atto di violenza avviene in un posto che ho visto e dove sono stato, è come se il dolore per me fosse ancora più grande.
Continuiamo a pregare che alla fine la follia dell'odio e della violenza cessi per sempre e possiamo tornare a sperare in un futuro di fratellanza fra i popoli.
Noi continuiamo a servire i malati nel silenzio e nel nascondimento, ma speriamo che la nostra testimonianza di amore e donazione possa essere un messaggio alternativo in un mondo sempre più violento e spaventato, uno stimolo ed un annuncio di un modo diverso di vivere, in cui si lotta sempre per la vita e non si sceglie mai la morte e la violenza come strumento di prevaricazione.
Siamo vicini al Belgio e preghiamo per le vittime, per i feriti e per i loro familiari.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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