lunedì 16 gennaio 2017

Ciao, non so ancora come mi chiamo...

... sono nata da due giorni e non ho ancora visto la mia mamma. Non ho un nome, perchè da noi è il clan che si riunisce e decide come mi chiamerò. 
Non so bene cosa sia successo: prima di nascere, da alcuni giorni sentivo di "non trovarmi in buone acque". 
Per i 9 mesi precedenti avevo nuotato in quel liquido tiepido con tantissima gioia e non avevo avuto alcun problema. 
Poi di colpo tutto è cambiato. Le acque sono diventate torbide, mi entravano nei polmoni e mi facevano star male. 
Ad un certo punto ho sentito delle voci che venivano da fuori. Tutti dicevano che la mia mamma (che non vedevo l'ora di conoscere) stava molto male: era tutta gonfia, aveva la pressione altissima e soffriva di convulsioni: io non so di cosa si tratti. 
So solo che anche l'utero in cui prima nuotavo tranquilla, veniva tutto scosso da un tremolio continuo... Poi avvertivo la mamma rantolare forte.
Ad un certo punto ricordo di aver sentito tutto un rumore di "ferraglia". Avvertivo la voce di una persona che diceva ad una assistente: "taglia qui... tira di là... coagula quella arteria che sanguina". Io naturalmente non vedevo nulla perchè ero dentro le mie acque buie ed un po' torbide. 


Un po' più tardi si è aperta una breccia nella parte superiore della mia piscina: è entrata una luce tremenda che faceva male agli occhi. Le acque continuavano ad uscire... avevo paura di rimanere a secco. 
Sentivo il risucchio di un aspiratore, poi la mano di un uomo che mi ha tirato fuori, mi ha preso per i piedi, mi ha sculacciato fino a farmi piangere: era la prima volta che lo facevo... nel passato avevo sempre avuto "acqua in bocca" e non potevo piangere. 
Mi hanno tagliato il cordone e mi hanno separato dalla mia mamma... che trauma!!! ma perchè mi hanno tagliato il cordone? io non volevo... volevo stare attaccata alla mia mamma per sempre.
Desideravo tanto vederla la mia mamma... ed invece ho visto solo estranei coperti di lunghi vestiti verde scuro, maschere e cappellini.
La mia mamma era tutta avvolta di teli azzurri e non ho neppure potuto attaccarmi al suo seno. Quello che ho capito però è che la mamma sta molto male: il suo respiro faceva veramente paura: rantolava come una vecchia che sta per andare al cimitero.
Da allora non me l'hanno ancora fatta vedere. 
Sto in questa strana casetta di plastica: è calda - devo ammettere - anche se nell'utero stavo meglio. Poi, avendo ora il cordone legato da uno strumento che sembra una di quelle pinze per stendere i panni, ho in realtà sempre fame... ma dov'è il seno della mamma? Mi nutrono con il biberon e mi danno latte in polvere... che schifo!
Però stamattina ho sentito il dottore che diceva che la mamma migliora e che ora è fuori dal coma: ha detto che forse stasera mi portano da lei, per vedere se è in grado di iniziare l'allattamento. Non vedo l'ora di incontrarla.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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