sabato 14 gennaio 2017

L'un per cento

Questa è la cruda realtà che riguarda i casi di tetano conclamato.
Riusciamo a salvare solo l’1% dei pazienti che ne sono affetti, e tale esigua percentuale si riduce a zero se parliamo di tetano neonatale.
Per questa bimba ora cominciamo a vedere la luce e iniziamo a sperare timidamente di averla tirata fuori dal pericolo.
Era arrivata a Chaaria con una diagnosi errata di meningite fatta in un’altra struttura.
La sua situazione clinica ci ha però rapidamente condotti a cambiare ipotesi diagnostica: trisma serrato della mandibola, contratture muscolari dolorosissime, inarcamento posteriore della colonna vertebrale durante gli attacchi, assoluto mantenimento dello stato di coscienza. 
Quello che aveva confuso i colleghi della precedente struttura è probabilmente il fatto che non c’è una ferita aperta; il padre però ci ha detto che giorni prima la piccola si era lamentata di essersi punta con una grossa spina di un albero.
L’abbiamo isolata ed abbiamo fatto tutto quello che potevamo dal punto di vista terapeutico. Certo però, non avendo la rianimazione, siamo rimasti sempre molto preoccupati di un eventuale arresto respiratorio da contrattura della muscolatura toracica. 


Inoltre è stato difficilissimo nutrirla, con i denti serratissimi a causa del tetano.
Anche lavarla è stato un problema, perchè ogni movimento scatenava la crisi.
Ora forse abbiamo fatto il giro di boa: la bimba può aprire la bocca, riesce a muovere le mani ed anche a salutarti quando entri in isolamento. 
Oggi l’ho vista sbocconcellare briciole di pane da una bella pagnotta offertale da sr Anna, che poi si è premurata di prepararle anche un uovo strapazzato.
Sono così pochi i casi di tetano che si salvano che certamente Ann passerà agli annali positivi di Chaaria.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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