mercoledì 8 febbraio 2017

Chaaria è una droga

"È trascorsa solo una settimana dal mio rientro.. ma ho già nostalgia della mia Chaaria.. in molti mi hanno chiesto: mi spieghi il perché vuoi spendere le tue ferie a lavorare nel terzo mondo, in mezzo alle malattie e a chi soffre? 
È impossibile spiegare cosa sia per me Chaaria, è una seconda casa dove tutto passa in secondo piano, anche le necessità più semplici come mangiare e dormire.. chaaria è colori, profumi, odori, sapori, sguardi, differenze e uguaglianze, incomprensioni e intese, è confrontarsi ogni momento con i propri limiti, fisici comportamentali e mentali, è sentirsi importante e riconoscente nei confronti della vita, è sentirsi fortunata e a volte ingrata, è ricevere molto più di quanto si sia dato.
Chaaria è magia e paura, è l'essenza della vita e della sopravvivenza, Chaaria è una droga, ed io sono già in astinenza! 

Grazie Gaido Beppe e Giancarlo Chiesa per avermi regalato tutto questo, con la vostra accoglienza e affetto! 
Grazie a Laura Canu per avermi fatto da mamma e sorella, grazie a Marco Massi, Miriana Barberis, Marianna Manera, Bibi Avella, Serena Mussi, Biagio Celiento, Angelica Bellenghi, Claudio Ame e Beniamino per aver condiviso questi meravigliosi 20 giorni a Chaaria!
E grazie ai miei affetti più grandi per aver permesso che io vivessi tutto questo con tanta serenità!"

Cristina Aresu




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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