giovedì 29 giugno 2017

Mission accomplished

Oggi abbiamo dimesso Baraka ed Alexandro.
Abbiamo organizzato anche il loro viaggio da Meru a Mombasa, dove troveranno gli amici di "Africa Milele" ad accompagnarli fino a Malindi.
Il papa' di Baraka, oggi in divisa masai al completo (incluso il pugnale al fianco), era raggiante ed estremamente riconoscente. 
Sara' lui a prendersi cura di entrambi i bambini nel lungo percorso in pulman che durera' tutta la notte.
Sono onestamente molto contento del risultato ottenuto con Baraka, anche se parte degli innesti non ha tenuto e ci sara' bisogno di qualche piccola medicazione ancora.
Se ricordo la sua condizione iniziale dopo l'ustione, mi viene da dire che ora Baraka e' ritornato un bambino normale.
A Novembre Luciano lo vorra' rivedere e probabilmente ci sara' ancora qualcosa da perfezionare sia per l'uso della mano che per il volto, ma gia' ora il risultato e' molto buono.
Alexandro e' il nostro primo paziente nigeriano.
E' stato emozionante che qualcuno abbia pensato a noi per il suo problema in un Paese tanto lontano dal Kenya.


Per lui si e' lavorato molto sulla mano ustionata e sui cheloidi delle orecchie.
Il nostro piano sara' di riaccoglierlo nuovamente a novembre quando Luciano tornera', per completare la chirurgia plastica della mano e
del volto.
Nei prossimi mesi Alexandro non tornera' in Nigeria, ma sara' ospitedi "Africa Milele".
Questa sera Filippo e' un po' pensieroso e triste perche' i due amici preferiti, con cui quotidianamente giocava a calcio usando bottiglie di plastica vuote, se ne sono andati.
Mi ha preso per mano e mi ha detto che domani andra' a casa anche lui... il suo volto pero' ha bisogno ancora di essere medicato in ospedale per un po'.
Sono comunque certo che trovera' prestissimo nuovi amici nella nostra pediatria traboccante di pazienti.
Sono contento che anche questo nuovo capitolo di collaborazione con "Africa Milele" si stia concludendo bene, con grande beneficio per i nostri due giovani pazienti.

Fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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