martedì 4 luglio 2017

Fa freddo a Chaaria

E' arrivato anche quest'anno il mese di luglio, il periodo piu' freddo di tutto l'anno.

Niente da paragonare con i nostri rigidi mesi invernali ovviamente, ma la stagione fredda all'equatore puo' essere a volte un po' spiacevole per noi che veniamo dall'Europa, e molto difficile per chi invece e' nato qui.
C'e' una grandissima escursione termica tra il giorno e la notte.
Nel pomeriggio al sole si sta bene e si puo' arrivare anche a 25 gradi; di notte pero' la temperature scende radicalmente fino a 8-10 gradi...in anni passati avviamo avuto delle minime notturne di 4 gradi.
E' ovvio quindi che lo sbalzo lo si sente tanto.
Per noi "bianchi" il mese di luglio significa dormire con una coperta durante la notte, andare al mattino a messa con un pullover o una felpa, sentire un po' di freddo quando si gira per l'ospedale con la divisa da sala operatoria in prima mattinata, per poi sentirsi di nuovo bene ed al caldo dopo le 11 del mattino.


A volte significa anche una nebbiolina piene di gocce fredde di umidita' che ti colpiscono sulla faccia mentre alle 6.45 ti dirigi in parrocchia per la messa mattutina...questo e' certamente un disagio, ma nulla di piu'.
Per me luglio significa anche alzarmi da letto tutto sudato per una chiamata notturna, vestirmi alla bell'e meglio e correre in sala operatoria per un cesareo. Fuori dalla mia camera a luglio avverto subito un freddo micidiale perche' sono sudato e poco vestito (gia' in divisa da sala operatoria!); poi durante l'intervento mi rimetto a sudare sotto le luci sialitiche e ritorno poi in camera nuovamente madido di sudore: il freddo della notte allora mi sferza nuovamente.
I locali pero' hanno molto piu' freddo.
Usano pastrani, giacche a vento, berretti e passamontagna che sovente i volontari non riescono a comprendere...ma loro il freddo lo sentono molto di piu' di noi!
In questa situazione invernale pensate alle oltre 40 donne che devono dormire fuori perche' non abbiamo spazio ne' nei letti e neppure sui pavimenti dei corridoi all'interno della maternita'.
Dormire fuori in questo mese dell'anno sarebbe freddo per noi europei; pensate a quello che deve essere per loro! E poi mentre stai per partorire!
Eppure le partorienti sono davvero troppe e non abbiamo spazi materiali all'interno delle strutture murarie.
Quando passo alla sera in maternita' per la controvisita, devo sempre fare attenzione a dove metto i piedi, in uno slalom da equilibrista tra corpi che cercano un po' di riposo sul pavimento in tutti gli angoli disponibili.
Non sappiamo come fare per aiutare queste povere pazienti!
Poi oggi mi e' balenata un'idea piccola ma speriamo gradita a che altrimenti dormirebbe completamente all'addiaccio: anche se non ci sono ancora ne' i vetri ne' le porte, questa sera abbiamo deciso di mettere materassi e coperte nella erigenda nuova cappella dell'ospedale.
Non sara' un locale completamente finito, ma almeno le quaranta donne all'incirca che passano la notte "sotto le stelle", potranno avere un locale un po' piu' riparato...con almeno un tetto sulla testa.
Le gravide soffrono in questo modo...
I pazienti sono stipati in tutti i reparti in due per letto...
Le incubatrici hanno ognuna tre pargoletti che condividono il misero spazio...
Noi non ce la facciamo piu' per le giornate infinite e le frequenti chiamate notturne.
E questo e' solo un piccolo aspetto dei disagi che lo sciopero sta creando ai malati ed a tutti noi che lavoriamo in strutture missionarie.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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