lunedì 21 agosto 2017

Che bello!

Uno dei luoghi comuni che si sentono spesso sui popoli africani e' che qui nessuno e' riconoscente, anche quando fai moltissimo per loro.
Onestamente devo ammettere che la parola grazie non la si sente molto, ma sono convinto che ci sono tantissimi modi per esprimere la propria riconoscenza.
Quello che mi e' successo oggi e' in effetti una perla rara, ed e' proprio per questo che lo voglio condividere.
Normalmente i pazienti guariti se ne vanno dall'ospedale senza ringraziare, e la maggior parte sparisce senza neppure salutare e senza mai piu' tornare, se non quando di nuovo hanno un problema di salute.
Oggi pero' questa signora di Gatunga, villaggio a 50 chilometri di sterrato da Chaaria, e' venuta in ospedale solo per esprimere la propria riconoscenza.
Ha voluto vedere me e Jesse, ed ha detto candidamente che nel 2009 noi l'abbiamo operata di fibromi uterini che per oltre 15 anni le avevano impedito la gravidanza.
Nel 2012 lei e' riuscita ad avere una bimba che ora va all'asilo, ed e' sicura che e' stato grazie al nostro intervento chirurgico.
Ci ha detto che per lei, seppure cosi' in ritardo, era una necessita' esprimere il suo ringraziamento.


Le bottiglie che ci ha regalato sono vuote, ma lei ha lavorato molto per preparare dei bellissimi copribottiglia all'uncinetto.
Non e' il regalo in se' che ci ha colpito e toccato, ma il suo gesto ed il suo pensiero.
E' stato commovente che abbia fatto tanta strada solo per dirci grazie. Siamo contenti di questo gesto ed ovviamente anche del fatto che la nostra chirurgia sia stata in grado di donarle una figlia.

fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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