domenica 3 settembre 2017

Ken

La morte di Nkonge ha aperto una possibilita' di trasferimento per Ken, che da vari mesi si trovava "parcheggiato" in ospedale, nel reparto di pediatria.
Ken era stato a lungo abbandonato presso l'ospedale governativo di Meru, dove purtroppo aveva sviluppato piaghe da decubito e importante denutrizione.
Era stata la Dottoressa Makandi a chiederci di prenderlo in ospedale da noi, per fargli guarire i decubiti e ristabilirlo in salute.
Dopo aver saputo da lei che Ken non ha assolutamente nessuno e che sarebbe tutt'al piu' potuto tornare nell'ospedale di Meru, abbiamo deciso di tenerlo con noi.
E' sempre rimasto in ospedale perche' dai Buoni Figli non avevamo un posto libero.
A Chaaria Ken e' rifiorito.
Dapprima sempre alettato, ha cominciato a stare varie ore del giorno in carrozzella.


Ha imparato anche a mangiare da solo con il cucchiaio, e soprattutto e' tornato a sorridere.
Ovviamente i mesi di sciopero, con la relativa congestione del reparto pediatria, han fatto si' che Ken in ospedale non ottenesse tutte le cure di cui avrebbe avuto bisogno, soprattutto dal punto di vista animativo ed educativo.
Siamo quindi strafelici per lui che domani possa occupare il posto di Nkonge al Centro Buoni Figli, dove trovera' ambienti piu' ariosi, un bel cortile con prato verde, terapia occupazionale ed un po' di fisioterapia di mantenimento.
Auguriamo a Ken un felice inserimento nella Famiglia Buoni Figli.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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