mercoledì 28 marzo 2018

Il dramma di essere l'unico chirurgo

Stamattina la lista e' iniziata alle 8. Come al solito, passo in maternita' e mi viene riferito che e' tutto tranquillo.
Dico quindi di portare in sala la prima paziente della lista che deve sottoporsi a isterectomia.
In questo momento non ho volontari chirurghi o ginecologi ad aiutarmi...sono davvero solo!
Iniziamo l'operazione programmata, ma non appena arrivo a clampare il legamento rotondo dell'utero, dalla maternita' telefonano in sala dicendo che e' arrivata da fuori una partoriente con presentazione podalica in primipara.
La donna spinge ed una gamba del feto e' gia' fuori.
Ci sono momenti di panico.
Non so cosa decidere.
Non ho nessuno che possa continuare con l'isterectomia e d'altra parte possiamo perdere quel bambino se il parto podalico va male in una primipara...anche dall'altra parte c'e' bisogno di un cesareo urgente!
Mi consulto con Mbabu, il quale mi consiglia di far fare la spinale nell'altra sala e poi di andare a fare ii cesareo il piu' velocemente possibile, mentre la donna dell'isterectomia sarebbe stata tenuta in attesa sotto il controllo degli anestesisti e delle infermiere di sala, le quali avrebbero posto dei teli sterili umidificati sull'utero gia' esposto per la rimozione.


Mi slavo, ma non sono ancora uscito di sala quando squilla nuovamente il telefono.
Dalla maternita' mi dicono che non riescono a trasportare la donna in sala piccola perche' spinge molto e sta gia' partorendo.
Mi precipito ed arrivo in tempo per manovrare il parto podalico e per far nascere un bel bambino maschio.
Il parto per via vaginale in primigravida e' controindicato anche in Kenya, ma in questo caso non c'erano alternative...e ci e' andata bene davvero: la testa non si e' inchiodata tra le ossa del bacino, ed il piccolo ha pianto subito dopo essere venuto al mondo.
Poteva ovviamente succedere un disastro, ma non avremmo comunque avuto il tempo per organizzare spinale e cesareo.
Visto che in sala parto tutto era ora sotto controllo, sono ritornato in sala operatoria dove la donna, giustamente sedata lievemente da Mbabu, non si era praticamente accorta di niente.
L'isterectiomia e' andata bene e l'abbiamo ultimata in un'ora circa.
E' stato tutto molto adrenalinico.
Soprattutto i momenti in cui venivo in contemporanea chiamato in due sale operatorie diverse per due procedure chirurgiche altrettanto rischiose, e' stato davvero stressante per me.
Ma alla fine e' andato tutto bene.
Anche oggi la Provvidenza ci ha tenuto una mano sulla testa.
Anche oggi ripetevamo l'un l'altro: "God is in control".

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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