giovedì 26 aprile 2018

Sono triste

Hanno chiamato da Giaki per una donna che, dopo aver partorito il primo gemello, non riusciva a far nascere il secondo.
Tra noi e Giaki ci sono 4 chilometri di strada, se vuoi bruttissima, ma in ambulanza potresti farcela in 15 minuti ad arrivare.
Ma il ponte tra noi e Giaki e' crollato mesi fa ed ancora non e' stato ricostruito.
Con l'ambulanza bisogna quindi fare il giro da Meru. Invece di 4 chilometri ad andare e 4 a tornare ne facciamo 40 all'andata verso Giaki e 40 al ritorno a Chaaria.
Con tutta la buona volonta' dell'autista, considerando anche la stagione delle piogge, ci vogliono oltre due ore prima che l'ambulanza arrivi a Chaaria.
Il primo gemello sta bene ed e' in braccio all'infermiera.
Il secondo pero' e' altissimo in addome e non ci sono speranze di parto naturale.
Purtroppo l'eco ci dice che il ritardo con cui la mamma e' arrivata a Chaaria e' stato fatale per il feto che non ha piu' vita. Ci sono pero' segni di rottura d'utero e quindi corriamo in sala cercando di salvare almeno la mamma.
L'utero e' rotto. Tiriamo fuori il bimbo e ripariamo l'organo.
L'intervento sembra andato bene.


La donna e' anemica, ma e' di gruppo zero positivo e non abbiamo sangue. Non ne troviamo neppure negli ospedali del circondario.
Stasera la donna ha dato un forte urlo ed e' andata in Paradiso insieme al suo secondo gemello, proprio mentre la stavo visitando. Mi e' morta davanti agli occhi.
Non ho parole. Ho solo mal di testa e sono confuso.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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