sabato 21 aprile 2018

Una nuova epidemia

La decisione del governo negli ultimi due anni di eliminare la tassa di importazione sui motocicli di cilindrata inferiore ai 250cc, ha portato ad un ‘boom’ di motociclette sulle nostre strade.
Da una stima di 35.000 motocicli prima della legge agli attuali 400.000, e’ stata una vera esplosione che ha anche offerto nuove possibilita’ di piccolo lavoro in proprio (i cosiddetti boda-boda, o mototaxi), ed ha reso gli spostamenti piu’ facili per molti Kenyoti.
Si tratta per lo piu’ di moto cinesi di cilindrata compresa tra 125 e 150 cc.
Ma questa rivoluzione nel campo dei trasporti e nel settore dell’occupazione, non e’ venuta senza “effetti collaterali”.
Infatti negli ultimi due anni si e’ registrato anche un aumento dei 400% degli incidenti della strada: il fatto e’ che molti motociclisti non hanno la patente, e non hanno neppure i soldi per frequentare la scuola guida. Spesso la motocicletta e’ acquistata da una persona che ha un posto di lavoro (per esempio un nostro infermiere), il quale poi impiega un giovanissimo a guidare la moto ed a portare avanti il business del mototaxi.
Tantissime volte i taxisti sono cosi’ inesperti ed imprudenti che viaggiano a velocita’ incredibili anche su terreno accidentato, sassoso o sabbioso, con conseguenze che potete immaginare. 
C’e’ poi il problema del trasporto di piu’ di un passeggero: ho visto mototaxi trasportare anche 5 passeggeri, con il conducente seduto sul serbatoio, immediatamente dietro il manubrio. Cio’ certamente contribuisce al numero di incidenti anche gravi. 


Ci e’ capitato per due volte negli ultimi tempi che una mamma sia partita da Mukothima con il neonato malato, e poi a causa del fatto che sulla moto ci si doveva stringere sempre di piu’ per far posto ad altri passeggeri, i bimbi sono giunti a Chaaria ormai morti per soffocamento.
Gli incidenti motociclistici coinvolgono anche passanti che a volte non fanno in tempo a scansarsi prima dell’arrivo di questi centauri senza scrupoli.
Per noi l’avvento dei boda-boda ha quindi anche significato un aumento dei casi di traumatologia, che a volte sono veramente complessi (traumi cranici, fratture multiple ed esposte, perdita dei tessuti molli e difficolta' a richiudere le fratture esposte).
La nostra attivita' ortopedica e' in aumento esponenziale (per esempio l'impianto di chiodi endomidollari e' quadruplicato negli ultimi 12 mesi).
Operiamo tantissimo, tutti i giorni, compresi il sabato e la domenica, e le fratture continuano ad arrivare come un fiume...piu' operiamo e piu' la lista di attesa si allunga.
Finiamo in sala tardissimo, spesso stremati per il grande impegno non solo psicologico ma anche fisico e muscolare che la chirurgia ortopedica richiede.
L'ortopedia e' al momento la nuova frontiera di Chaaria ed anche la nuova emergenza in cui impieghiamo tantissime nostre risorse.
Molti dei nostri pazienti sono poverissimi e non riescono a pagare nulla: l'ortopedia quindi non e' solo un grande impegno per noi che siamo in sala, per gli infermieri in reparto, per i fisioterapisti che seguono la riabilitazione, ma anche per le magre finanze di Chaaria che vedono nell'ortopedia un settore di grossa perdita economica (si tratta di una chirurgia molto costosa, in cui moltissimi non pagano proprio nulla).
Contiamo comunque nell'aiuto costante della Provvidenza perche' la traumatologia e' davvero una nuova epidemia e quelli che non possono farsi curare sono proprio i piu' poveri...e noi siamo qui per loro!

Fr Beppe





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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