mercoledì 11 luglio 2018

Charles M'Ringera

Era stato operato quasi due mesi fa.
Ecograficamente ed alla palpazione digitale per retto era sembrata una ipertrofia prostatica benigna.
Non avevamo fatto una biopsia per i soliti problemi economici dei nostri pazienti. Il PSA lo avevamo ritenuto inutile in quanto il paziente era portatore di catetere vescicale a permanenza.
Ci eravamo quindi preparati per la prostatectomia transvescicale che di solito facciamo.
In sala i problemi sono iniziati nella fase di escissione digitale dell’adenoma prostatico: la prostata era durissima e non si riusciva assolutamente ad isolare un piano di clivaggio tra la ghiandola e la capsula.
Sono passati attimi eterni; avevo il dito dolorante ed il sudore grondava abbondante sulla fronte, colando poi giu’ sul collo e sulla schiena.
Infine, ad un certo punto, si e’ staccato qualcosa.
Pensavamo di aver finalmente rimosso il grosso adenoma, ma, con grande costernazione ci siamo accorti che con esso era venuta via anche gran parte della vescica (miracolosamente la barra interureterale era rimasta in sede, e gli ureteri “davano” urina limpida in quel che rimaneva della vescica disastrata).


Il panico ci ha assaliti.
Il chirurgo che era con me in quel periodo, ha pensato immediatamente ad una ureterostomia percutanea bilaterale permanente. 
Ha quindi aperto il peritoneo e si e’ messo ad isolare l’uretere di destra: ma questa manovra si e’ rivelata impossibile, in quanto l’uretere era inglobato un una colata di grossi linfonodi fissi... era ora lampante la ragione per cui la prostata fosse cosi’ adesa ai piani profondi, da portarsi con se’ gran parte della vescica: si trattava di un carcinoma metastatico.
Considerando l’impossibilita’ dell’ureterostomia, ed il fatto che i meati ureterali erano indenni, abbiamo quindi optato per il piano B: mcercare di chiudere quello che rimaneva della vescica, e poi sperare nella VIS NATURAE per la guarigione.
La sutura e’ stata molto difficoltosa ma quasi completa: abbiamo dovuto lasciare una parte della vescica un po’ aperta nell’area retropubica. 
Abbiamo quindi posizionato due cateteri a tre vie: uno transuretrale ed uno transvescicale sovrapubico; abbiamo anche inserito un grosso drenaggio nello spazio di Retzius, ed abbiamo chiuso.
Il paziente e’ rimasto molto instabile durante tutto l’intervento, e sono state infuse due sacche di emazie intraoperatoriamente.
Il postoperatorio, nonostante le mie paure e’ stato ragguardevolmente privo di grossi problemi. 
Avevamo un lavaggio continuo che entrava per la via sovrapubica ed usciva per la via transuretrale: abbiamo tenuto il lavaggio per circa dieci giorni, finche’ siamo stati effettivamente certi che non ci sarebbero state emorragie. 
Purtroppo parte del nostro lavaggio continuava ad uscire attraverso il drenaggio nel Retzius.
In quattordicesima giornata abbiamo notato che non usciva piu’ nulla dal drenaggio e lo abbiamo rimosso.
Il paziente urinava parte per via transuretrale e parte per via sovrapubica. Abbiamo quindi provato a tenere chiuso il catetere sovrapubico per alcuni giorni, notando con sollievo che il malato continuava ad urinare.
In diciottesima giornata abbiamo quindi deciso di togliere anche il catetere sovrapubico.
E da qui e’ nato un nuovo problema: contrariamente alle nostre aspettative, la fistola non si e’ piu’ chiusa. 
Abbiamo cambiato il catetere vescicale temendolo ostruito; ed in effetti la diuresi e’ migliorata con il nuovo catetere, ma parte dell’urina ha sempre continuato a drenare dalla ferita addominale, pur se estremamente ridotta nelle dimensioni.
In quel periodo non avevo qui a Chaaria un chirurgo esperto dall’Italia ed ho quindi deciso di tenere il malato con il catetere aperto, e sotto copertura antibiotica, fino all’arrivo di Pietro e Federica.
Dopo circa due mesi dal primo intervento essi hanno quindi deciso di riapire la vescica, che e’ risultata ben rimarginata (con sorpresa di tutti).
Quello che aveva mantenuto la fistola aperta era invece una grossa quantita’ di detriti sabbiosi e di pus in vescica.
L’organo e’ stato quindi drenato e lavato accuratamente; e la vescica e’ stata richiusa accuratamente per strati.
Considerando che si trattava di un carcinoma prostatico Gleason IV, Pietro ha poi proposto ed eseguito una orchidectomia bilaterale subcapsulare, che dovrebbe togliere lo stimolo ormonale alla progressione delle metastasi ( qui da noi infatti Enantone o Goserelin sono estremamente costosi e fuori dalla portata della gente).
Charles ha quindi avuto un decorso post-operatorio normale. Abbiamo rimosso i punti di sutura in ottava giornata, e la ferita questa volta e’ risultata perfettamente chiusa.
Il catetere e’ stato mantenuto fino alla decima giornata post-operatoria, facendo anche della ginnastica vescicale, allo scopo di prevenire un’ incontinenza urinaria che onestamente temevamo molto, a motivo sia del danno creato al collo vescicale, sia del lungo tempo in cui il catetere vescicale e’ rimasto in situ.
Fortunatamente Charles urinava benissimo, ed e’ stato dimesso senza ulteriori complicazioni.
Naturalmente si tratta di un tumore metastatico, ma speriamo di vero cuore che l’asportazione della prostata e l’orchiectomia possa donargli ancora una lunga sopravvivenza.
Siamo comunque certi che apprezzera’ tantissimo il fatto di essere senza catetere!

Fr Beppe Gaido


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Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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