sabato 15 settembre 2018

Chi me lo fa fare?

Da molti anni ormai faccio dei periodi di volontariato a Chaaria. Ogni volta parto con entusiasmo, viaggiare in aereo mi piace, ma quando lascio Nairobi e si prende la strada per la Missione (mai meno di cinque ore e mezza) ogni volta e sempre più intensamente col passare degli anni, vengo assalito dal dispiacere di aver lasciato la mia famiglia, gli amici, le comodità quotidiane, il lavoro e, quel che peggio, da una paura che toglie il respiro di non riuscire ad affrontare le difficoltà che mi iaspettano e che ben conosco. 
E allora mi chiedo: perché lo faccio? Chi mi obbliga? Ieri poi un giovane e brillante volontario mi ha posto proprio questa domanda e mi sento costretto a “confessarmi”. 
La prima risposta è la più facile: per dare una mano all’amico Beppe! Questa volta poi me lo ha chiesto espressamente lui......inoltre mi sento legato a Fratel Giancarlo che lavora instancabilmente nell’ombra, rivedo con piacere molti del personale, quando varco (finalmente!!) il cancello mi sento a casa....ma non basta. 
Ho sempre pensato che in tutte le manifestazioni di altruismo si nasconda un qualche egoismo ed ecco il punto: quello che faccio qui mi gratifica! Qui realizzo i miei ideali. 
Certo sono felice di poter aiutare il prossimo, soffro terribilmente quando qualcosa va storto.....ma gioisco e soffro per “l’altro” o per il mio orgoglio?? 


Per di più sono in una fase della vita in cui si insinua la consapevolezza che prima o poi non sarò più in grado di continuare a fare quello che ho sempre fatto e anche questo costituisce il pungolo, la sfida a non mollare. 
Io non ho più nulla da dimostrare né a me, né agli altri, conosco i miei limiti (e qui di solito si scrive: tanti e i miei meriti, pochi)....ma non voglio scadere nell’ipocrisia. 
E alla fine ne so come prima, al giovane volontario, che in quanto giovane esige risposte precise, devo dire non lo so, giudica tu. 
Ma una cosa mi é ben chiara: che sono gravemente innamorato di questa baraonda trasudante di vita e di morte che é il Chaaria Missione Hospital. 

Un veterano

PS nella foto la mia seconda presentazione al congresso. Ho presentato insieme al Dr Lewis Zirkle, fondatore di Sign

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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