mercoledì 5 dicembre 2018

E tutto per una gallina...

Verso le 15.30 riceviamo una donna collassata ed imbrattata di sangue.
Ha un ginocchio “spappolato” da una pangata (panga e’ il termine swahili per machete): la ferita sanguina, ma la sutura in se’ e’ molto semplice.
Il vero problema e’ la mano destra.
Un colpo di panga ha quasi completamente amputato il mignolo, che ora pende privo di vita, ed attaccato solo da un lembo di tessuti semi-dilaniati.
Molte arterie sono beanti e sprizzano sangue in tutte le direzioni. Ci affanniamo quindi a lavare la paziente ed a portarla in sala. Come mi aspettavo, il lavoro di “cucitura” sul ginocchio non dura piu’ di 15 minuti, ma la mano e’ un vero disastro.
Il primo pensiero e’ stato quello di chiudere le arterie, al fine di fermare l’emorragia. Poi e’ venuta la decisione piu’ difficile. Ho guardato la ferita; ho ponderato con attenzione, anche considerando che la donna non e’ mancina!
Ma ho dovuto concludere che quel dito non si poteva piu’ salvare.
Rapidamente sono quindi passato al “piano B”: ho tagliato il dito disarticolandolo ed evitando di segare ossa indenni, al fine di prevenire ulteriori infezioni. 


Poi ho richiuso lentamente... fortunatamente avevamo abbastanza cute, e siamo riusciti a fare un buon lavoro.
Abbiamo quindi trasfuso la donna e l’abbiamo portata in reparto in condizioni generali stabili.
Anche in questo caso si e’ trattato di un diverbio familiare di nessuna importanza: e’ stato il cognato ad aggredirla, con l’accusa che lei avesse fatto scappare una gallina.
Incredibile!
Questa donna avra’ una mano monca per tutta la vita a causa di una gallina, il cui valore economico non supera di molto quello di una bottiglia di birra.
Ma, come dice il Salmo, “il cuore dell’uomo chi lo puo’ conoscere?”

Fr Beppe Gaido


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....