giovedì 31 gennaio 2019

Alla fine ha partorito

La donna e’ in travaglio da molte ore, ma tutto sembra procedere bene.
Lei e’ poco collaborante e continua a chiedere il cesareo, ma non pare ci sia un’indicazione.
Rimango con lei fino alle 23.
La donna ancora si sta contorcendo di dolore ma ha 8 cm di dilatazione, con cervice molto assottigliata e testa del bimbo impegnata e bassa.
Ha altri due figli, per cui ritengo che partorira’ senza problemi.
La lascio alle cure di Joyce e vado a nanna.
Ma tutti sanno che la medicina non e’ mai come la matematica.
E’ l’una di notte quando quest’ultima mi chiama: “la dilatazione e’ ancora 8 cm. La donna non ha partorito ed ora mi pare che il battito fetale non sia rassicurante”
Queste parole mi bastano per attivare tutto il sistema dell’emergenza. Dico a Joyce di preparare la paziente.
Io mi affretto ad accendere il generatore e poi chiamo i volontari che mi assistono per i cesarei.


Quando arrivo in ospedale trovo la partoriente gia’ seduta sul lettino operatorio per la spinale.
Joyce e’ agitata e mi ripete che la donna e’ poco cooperativa e che quindi la spinale potrebbe essere problematica.
In effetti si mette ad urlare come una ossessa e crea tensione in sala operatoria.
Joyce mi ripete che ha urlato cosi’ per le ultime due ore.
Cerchiamo di farla stare in posizione per la spinale, ma ad un certo punto lei comincia a spingere.
Tutto e’ successo in un attimo.
La mamma si e’ sdraiata, ha avuto due mega-contrazioni ed ha partorito un maschietto in sala operatoria, proprio quando i volontari facevano il loro ingresso con gli occhi gonfi di sonno.
Il neonato piangeva forte e stava benissimo. La mamma si e’ calmata subito.
Sia Joyce che io ci siamo sentiti in colpa per aver svegliato i volontari senza motivo.
Il battito cardiaco fetale pero’ non era affatto buono, la dilatazione non procedeva ed il cesareo ci era sembrato l’unica possibilita’.
L’ambiente era comunque ilare, ed i volontari ridevano a piu’ non posso del parto in sala operatoria.
Si trattava in effetti di un lieto fine: mamma e piccolino stavano benissimo.
Noi siamo tornati a letto piu’ in fretta del previsto, non avendo dovuto operare…anche se, dopo una chiamata del genere, riprendere sonno non e’ stato immediato.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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