lunedì 1 aprile 2019

La dimensione contemplativa dell'ostetricia ed il nostro servizio alla vita

E’ sempre dura essere chiamato di notte per un cesareo, soprattutto in assenza dell’anestesista, e con la costante angoscia di fallire la spinale e doversi affidare ad una pericolosa anestesia generale.
Pero’, il momento in cui si tira fuori dal ventre materno una creatura vivace e scalpitante, che urla a squarciagola e ti fa la pipi’ addosso mentre la passi all’assistente di sala, e’ davvero esaltante e commovente. 
Ti senti un po’ partecipe della gioia di quella donna; ti pare di aver fatto veramente qualcosa per lei e per il figlioletto... onestamente, un po’ ti senti anche papa’!
In questo periodo ho spesso delle sensazioni interiori confuse che non ho ancora elaborato appieno ma che in qualche modo mi portano ad intuire una specie di dimensione contemplativa del nostro lavoro nel campo della maternita’.
Sempre la Chiesa si schiera a favore della vita; sempre vuole difendere la vita dal primo istante del suo concepimento...
E non e’ quello che facciamo noi quotidianamente per ventiquattr’ore al giorno?
Siamo sempre pronti ad intervenire, dimenticando stanchezza e sonno, perche’ vogliamo che le mamme che si affidano a noi, possano andare a casa con un bel bambino sano e robusto. 


Quante morti perinatali ed anche materne sono state salvate da quando abbiamo aperto la maternita’? Non lo saprei dire con certezza, ma certamente nell’ordine delle migliaia.
Ed ecco quello che intendo in qualche modo farvi percepire: l’ostetricia vissuta gratuitamente e come servizio senza scopo di lucro puo’ diventare un forte messaggio che noi diamo alla societa’: noi lottiamo per la vita, la difendiamo, la vogliamo far prevalere ad ogni costo, perche’ la vita e’ dono di Dio.
Andiamo quindi in sala paro o nel reparto operatorio di giorno e di notte sempre con questa idea fissa: dobbiamo difendere la vita!
Si puo’ quindi dire che un cesareo fatto alle 2 di notte, con la disponibilita’ ad essere chiamato ancora ed ancora per altre necessita’ di salvare una vita nascente, possa essere considerato un atto di collaborazione con l’eterna opera creativa di Dio che dona la vita?
Io penso di si’, anche se non so se i teologi mi darebbero ragione.
A me pare che il sacrificio quotidiano di lottare sempre per la vita nascente (pur con le inevitabili sconfitte) possa essere considerato quasi come una preghiera: se fossi stato pigro e non mi fossi alzato stanotte, certamente un bimbo sarebbe morto ed ora una madre
giacerebbe disperata della sua angoscia.

Fr Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....