giovedì 9 maggio 2019

Pseudo-aneurisma dell'arteria femorale

Il paziente aveva da mesi una massa di dimensioni crescenti nell'aspetto mediale della coscia. La massa era dura ma non pulsante.
Prima di decidere circa l'intervento ho fatto una ecografia che ha dimostrato materiale in parte liquido ed in parte corpuscolato nella parte superiore della lesione, ed un chiaro fiotto di sangue nella parte inferiore.
Usando il color-doppler sono iuscito ad evidenziare l'arteria femorale appena un po' cranialmente alla poplitea, ed ho notato che il fiotto proveniva da una soluzione di continuo della parete arteriosa. Il flusso era turbolento e sincrono con il battito cardiaco...certamente arterioso.
Quello che il paziente non ci aveva detto e' che mesi fa era stato pugnalato proprio in quella zona e che era stato poi semplicemente fasciato in un dispensario.
Abbiamo quindi pensato ad una coltellata che abbia lesionato la parete dell'arteria in modo minimo, dando cosi' origine ad una cronica fuoriuscita di sangue, in se' incapace di uccidere il paziente, ma comunque in grado di causare l'ematoma sempre piu' grande e doloroso.


Dopo due settimane di dubbi circa i rischi dell'intervento, e spinti dalla famiglia che non ha soldi per cercare un chirurgo vascolare a Nairobi, oggi abbiamo operato insieme al Dr Nyaga.
Abbiamo prima evacuato l'enorme quantita' di coaguli e poi, sotto protezione di tourniquet, abbiamo isolato l'arteria femorale che in effetti presentava un buchino non piu' grande di due millimetri.
Abbiamo suturato con filo non riassobibile finissimo (prolene 6/0, per gli addetti ai lavori).
Ora il paziente sta bene e noi incrociamo le dita.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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