domenica 23 marzo 2008

Happy Easter


A Chaaria abbiamo visto la prima pioggia, anche se le previsioni per quest'anno parlano di grave siccità. Ci sono aree del Paese dove manca l'acqua e dove il cibo comincia a scarseggiare, ma dobbiamo ringraziare Dio che a Chaaria non è così. Per le strade vedi carretti tirati da mucche, land rovers e gente che a piedi si dirige verso il market. Tutti hanno sacchi pieni di granoturco: la raccolta è stata buona, e questi sono i giorni in cui i camion vengono da Meru per comprare il cereale all'ingrosso.
Il sole picchia rovente, anche se qualche volta ci sono nuvole cupe che lo coprono. La strada è ancora percorribile, ma non è più polverosa come al solito. Il fiumiciattolo che divide Chaaria market dal Cottolengo Mission Hospital è ora gonfio di acqua marrone: buon segno... in montagna piove di più.
A noi bianchi preoccupa che la corrente elettrica manca sempre più spesso, ma per la gente comune questo non è un grosso problema, perchè loro l'elettricità non ce l'hanno mai avuta.
Per strada vedo anche tante donne che tornano dal fiume con taniche d'acqua sulla testa o sulla schiena, e mi ricordo che ieri è stato il "WORLD'S WATER DAY", cioè la giornata in cui l'ONU ci ha ricordato che accanto all'oro nero, c'è anche un oro blu che a breve sarà oggetto di contese e guerre, ancora più di quanto non lo sia stato fino ad ora.
Guardo la strada rossa e le prime pozzanghere, vedo i bambini scalzi anche la domenica di Pasqua, e dico a me stesso: Gesù è risorto. Dobbiamo gioire. Dobbiamo ringraziare il cielo che abbiamo cibo, abbiamo acqua per lavarci e per bere, abbiamo la salute, e soprattutto abbiamo nuovamente la pace, dopo giorni in cui abbiamo temuto il peggio.
Rientro in ospedale dove anche questa notte ho dovuto correre a causa di pazienti gravi, alcuni dei quali ora la Pasqua la celebrano già in Paradiso.
Ciao. Celebriamo insieme che Gesù è risorto.

Grazie a tutti quelli che non si dimenticano di noi.

Fr Beppe
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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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