martedì 18 marzo 2008

Vorrei avere cento braccia per servire tutti i poveri e i malati del mondo (San Camillo de Lellis)

Carissimi,

ho deciso di scegliere questo titolo, perchè è una frase stupenda, una in cui mi trovo perfettamente a mio agio e che costituisce per me, non un ideale raggiunto ma una tensione quotidiana. Anche io come san Camillo vorrei avere 100 mani, perchè mi rendo conto che i bisogni sono così tanti che spesso due non bastano. Vorrei avere un cuore più grande, perchè a volte mi sento meschino e non so ascoltare con la dovuta attenzione, non so dimenticare me stesso per fare spazio agli altri nel bisogno, divento nervoso e irritabile quando il lavoro mi soverchia. Desidererei essere capace di dormire solo due ore per notte su una sedia, come faceva il Cottolengo, per essere sempre pronto alla chiamata dei suoi poveri... ma poi mi rendo conto che non ce la faccio, che spesso ho un senso di rifiuto verso i pazienti, che vorrei essere ascoltato piuttosto che ascoltare sempre e solo i problemi degli altri. Comunque è importante tenere alti gli ideali e ringraziare che ci siano giganti come San Camillo o come il nostro Padre Fondatore che ci stimolano a non essere mai soddisfatti di noi stessi.
Con questi sentimenti nel cuore anche oggi abbiamo cercato di dare il massimo a chi ha chiesto il nostro aiuto in ospedale. Siamo stati pienissimi, ma non abbiamo avuto grandi emergenze. Io ero un po’ moscio per una chiamata notturna avvenuta nelle primissime ore del mattino, a motivo di un’altro assalto a colpi di machete, ma ho cercato di dare quanto più potevo.
La mamma del feto malformato è serena, e sembra accettare tutto dalle mani di Dio.
Oggi abbiamo ricevuto un nuovo orfanello. E’ un maschietto nato in casa due giorni fa. Per ragioni in parte legate alla povertà ed in parte a motivi culturali e religiosi la madre aveva deciso di partorire in casa e si era chiusa nella sua baracca di legno. Questo è stato un errore gravissimo, sia perchè la mamma aveva una cicatrice da pregresso cesareo, sia perchè normalmente nessuno partorisce da solo anche se sceglie di farlo in casa. Ci sono molte donne nei villaggi che possono aiutare come assistenti ostetriche improvvisate.
Nessuno dei vicini sapeva che era arrivato il momento del parto. Il marito era assente in quanto al lavoro a Mombasa.
Non si sa cosa sia successo, nè quando la donna abbia dato alla luce il bimbo. Alcune donne del villaggio si sono avvicinate alla casa incuriosite dal fatto che da giorni non vedevano quella mamma al mercato. Hanno trovato le porte chiuse ed hanno udito il vagito di un neonato. Hanno sfondato la porta ed hanno trovato quella donna ormai morta con la placenta ritenuta ed il bambino che piangeva disperato sulla nuda terra ed in una pozza di sangue coagulato. Probabilmente c’è stata una rottura d’utero causata dalla cicatrice e la madre è morta di emorragia interna. Ci hanno portato subito il neonato, mentre loro cercheranno di rintracciare il papà che ancora non sa nulla.
Non abbiamo ancora deciso che nome dare al piccolo perchè aspettiamo il genitore per la decisione. La vita e la morte qui a Chaaria si incrociano e si alternano continuamente, come in una eterna ruota.
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Vi allego anche una foto di Elena...che nel frattempo è cresciuta! Insieme a lei c'è Mururu, un prezioso aiutante di Suor Oliva.
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Ciao. Buona Festa a tutti i papa’ per domani.
Fr Beppe Gaido.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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