giovedì 24 aprile 2008

Lettera per i medici

Carissimi amici medici,

stare a Chaaria da solo per 10 anni ormai, non è stato per niente facile. Ha voluto dire essere di guardia 24 ore su 24 per 7 giorni alla settimana. Mi è costato un sacco di notti insonni, e mi ha obbligato a diventare mio malgrado un medico "tuttologo": sono partito come infettivologo, ed ora devo fare un po' di tutto, dall'ostetricia alla chirurgia, alla diagnostica per immagini, alla cardiologia. Non sono un superuomo. Infatti penso che la differenza tra ciò che sono adesso e quello che ero in Italia 12 anni fa consista nel fatto che ora so poco su molte cose, mentre prima sapevo quasi tutto su quasi niente.
Poi, queste conoscenze non mi sono state infuse dall'alto, anche se, come credente, io penso che Dio sia stato sempre molto impegnato a risolvere tutti i casini che mano a mano combinavo... la maggior parte delle nuove conoscenze mi è venuta da volontari che mi hanno affiancato, mi hanno seguito e mi hanno formato: questo vale per tutto: dal cesareo che ho imparato da una chirurga di Torino, all'anestesia che ho assimilato da una dottoressa milanese, alla ecografia che invece mi è stata donata da una radiologa sarda. I volontari sono stati i miei mentori, ed anche il mio continuo stimolo a fare meglio e ad imparare. Non sono più giovane (46 anni suonati da un po') ma nel cuore mi sento ancora seduto sui banchi dell'Università, e sempre mi sono posto come punto fermo che nessun volontario deve lasciare Chaaria uguale a come era prima: ognuno mi deve insegnare qualcosa in modo che il contributo del volontario non duri 21 giorni o poco più, ma diventi duraturo nel tempo.
Io penso di essere un testardo che non si arrende di fronte alle difficolà, ed ho ancora bisogno di altri amici che vengano a insegnarmi come risolere i problemi, di fronte ai quali ancora ci sentiamo impotenti. A Chaaria non potrò offrirvi grandi cose, ma quello che vi prometto è la mia presenza amica, la mia voglia di lavorare con voi e di imparare, e poi... tanti e tanti malati che hanno veramente bisogno di tutto. Ciao. Grazie anticipatamente se verrete a darmi una mano in questo gran calderone un po' incasinato che è il nostro ospedale.

Beppe


1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao, mi chiamo Roberta e sono una specializzanda al 4 anno della Scuola di Endocrinologia dell'Universita' di Torino. Da sempre mi sarebbe piaciuto fare un'esperienza in un ospedale e/o missione in un paese come l'Africa e ho sempre pensato che, oltre che come persona, sarei potuta essere piu' utile con un po' "di esperienza" in piu', sebbene in quel tipo di realta', abituati alla nostra aqui, non si parte mai piu' o meno preparati. Vagadondando in internet ho trovato quuesta lettera che hai scritto invitando volontari a sostenerti ed aiutarti anche per breve periodo. Anche se l'aiuto che potrei apportare io, da giovane medico "in erba", probabilmente potrebbe essere limitato, ne guadagnerei sicuramente come bagaglio d'esperienza prime di tutto umano. Quindi, mi piacerebbbe avere qualche informazione in piu', se puoi, sulla tua attivita' li', sulla eventuale possibilita' di un mio "soggiorno" li', sulla durata di tale soggiorno ed il periodo dell'anno piu' adeguati (io avrei pensato in linea di massima all'estate 2009) in modo che possa iniziare a pensarci in modo piu' concreto ed quindi iniziare ad organizzarmi tra rotazioni, turni vari e tesi...
Spero tu riceva questo mio messaggio e, nonostante l'attivita' intensa che lascera' spazio per poco altro, tu possa darmim qulache informazione in piu'!
Grazie e buon lavoro!!!


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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