venerdì 25 aprile 2008

L'unità comincia dal servizio e dall'accoglienza

Sono le 5.10 di mattina, e mi avvio verso camera mia dopo l’ennesima chiamata notturna. Passo all’esterno della “Casa Buoni Figli”, perché di notte il cancello è chiuso. E’ ancora notte fonda, e mi sento un tonfo al cuore quando sento una voce che mi chiama dalle tenebre. Mi giro verso la shamba con terrore. Saranno di nuovo i ladri?Invece, dopo un attimo in cui i miei occhi si adattano alla visione notturna, scorso Claudio con i suoi lunghi capelli sciolti al vento; è seduto a terra e mi dice che sta aspettando di vedere l’alba. “Hai proprio del buon tempo” penso fra di me, ma non dico nulla, anche perché devo ammettere che l’alba è davvero uno degli spettacoli più affascinanti che Chaaria può regalare. Continuo il mio cammino e arrivo vicino alla cappella, dove le luci sono già accese, e dove Fr Lodovico e Suor Oliva stanno già pregando.


Che strana la vita. C’è chi va a letto e chi già è fresco per lodare il Signore ed iniziare un’altra giornata di servizio e disponibilità. Era sembrata una giornata tranquilla. Molti pazienti, ma tutto era andato per il meglio, senza complicazioni e senza cesarei. I parti erano andati tutti bene. La giornata era stata piena di pazienti ambulatoriali. Moltissimi provenivano da Isiolo e da altre regioni molto a Nord. Qualcuno addirittura proveniva da Moiale, che è la città di confine tra Kenya ed Etiopia. Chissà perché la gente viene proprio a Chaaria.

Tra Chaaria e l’Etiopia ci cono centinaia di chilometri, ed un certo numero di ospedali. Onestamente non lo so. Non posso dire che essi vengano da noi perché siamo più bravi. Forse si è creata una fama che non meritiamo. Comunque sia, credo che questo costituisca per noi un’altra possibilità grande di apostolato. Sin dall’inizio ci siamo posti come una missione al servizio di tutti, e non abbiamo mai fatto distinzioni tra Cattolici e Protestanti di qualunque denominazione. Ora abbiamo la possibilità reale di un rapporto fraterno e costruttivo con l’Islam, visto che le popolazioni del Nord sono per il 90% musulmane. E’ molto arricchente essere in un contesto di grande diversità religiosa. Sin dall’inizio mi ero accorto di questo, pur non negando le evidenti difficoltà.

A Chaaria per esempio abbiamo ben 7 denominazioni cristiane diverse. Da un certo punto di vista questo costituisce un problema notevole, in quanto la gente è spesso confusa e non capisce bene quali siano le reali differenze tra Chiese apparentemente sorelle, perché impegnate a predicare lo stesso Cristo, ma così distanti su altri punti.

E’ indubbiamente problematico che, con l’avvento degli altoparlanti, le diverse denominazioni cerchino di urlare più forte delle altre, al fine di disturbare la preghiera altrui, o forse con l’inconscia convinzione che Dio ascolti di più coloro che hanno le casse ed i microfoni più alti. Ancora più problematico è il fatto che non esiste alcun movimento di tipo ecumenico. Non è raro per esempio che nella parrocchia cattolica da noi frequentata si parli direttamente contro le posizioni dei protestanti. Allo stesso tempo è frequente che la predicazione dei “Riformati” affermi testualmente che “chi frequenta la chiesa Cattolica sarà condannato alla perdizione”. Le differenze sono soprattutto legate a posizioni di ordine pratico.

La parte più scottante riguarda il celibato dei preti, che i Protestanti non comprendono e non apprezzano, e la morale sessuale in genere. I Protestanti in genere accettano l’uso di mezzi di controllo delle nascite di tipo farmacologico, mentre i Cattolici rifiutano queste medicine come immorali e pro-abortive. La pandemia AIDS ha portato profonde divisioni anche tra le Chiese, soprattutto riguardo all’uso del condom come mezzo per contenere la diffusione dell’infezione. Il problema è che sempre si parte dal concetto di essere gli unici portatori della verità, e non si vuole accettare la positività del dialogo con chi la pensa diversamente. Altro problema è che si tende sempre a parlare di ciò che manca all’unità, invece di considerare quante cose invece sono già perfettamente univoche. E’ il vecchio problema della bottiglia, che può essere mezza piena o mezza vuota. Da sempre noi ci siamo posti in un’ottica diversa.

Prima di tutto non abbiamo fatto alcuna distinzione tra Cattolici e Protestanti nelle nostre scelte di assunzione del personale. Poi non abbiamo mai ammesso discriminazioni tra pazienti di diverse denominazioni. Abbiamo sempre invitato sia Parroci che Pastori a visitare i loro pazienti in ospedale, lasciando loro piena libertà di espressione anche nel modo in cui pregano per i loro malati.

Ci siamo poi resi pienamente disponibili alla collaborazione con varie Chiese Protestanti, in campi come la prevenzione dell’AIDS o la promozione dell’igiene pubblica. Abbiamo deciso che, al di là di alcune differenze di ordine teorico, molte erano le aree in cui avremmo potuto lavorare per il bene della povera gente. Ora stanno arrivando i Musulmani, che costituiscono un nuovo fronte di impegno, ed una ulteriore possibilità ecumenica. Credo che con loro il cammino sia ancora più difficile, perché sono di etnia diversa (quasi tutti di origine somala), e con una forma mentis estremamente più complessa rispetto agli abitanti del Meru. Per ora con loro cerco di usare il massimo della gentilezza e del rispetto, anche durante la visita medica: chiedo sempre al marito delle donne se vuole essere presente alla visita. Chiedo il permesso alle donne prima di chiedere loro di togliersi il BURKA. Cerco anche di cambiare il mio linguaggio, ed invece di dire che il paziente guarirà “se Dio vuole”, dice che si riprenderà “insh’Allah”. Spesso si sono anche dei bei momenti di comunione, come quando essi mi rispondono che il mio ed il loro Dio sono la stessa persona, o come quando mi dicono che la cosa più bella che vedono nel Cristianesimo è la carità verso il prossimo. Abbiamo inoltre fatto in modo che i Musulmani ricoverati avessero un posto dove mettere i tappetini per la preghiera, ed abbiamo pienamente rispettato il “Sacro mese del Ramadan”, cercando di dare terapie che rompessero il loro digiuno il meno possibile. Non mi pare che gli Islamici dell’Africa Orientale siano molto integralisti. Non ho visto in loro alcun astio verso i Cristiani. Mi pare che non siano interessati ad alcun tipo di “Jihad”. Con loro si può sicuramente buttare qualche ponte e dimostrare che siamo chiamati all’unità in nome di Dio.

Certo noi dobbiamo anche imparare molto da loro, sia nel campo della fedeltà al Corano, sia nel campo della preghiera quotidiana come nel campo della fedeltà alle rinunce corporali. Loro forse possono imparare da noi la solidarietà universale che non è contenuta dalle barriere della razza o della religione.Con questi pensieri in testo mi avvio verso la cappella perché ormai è inutile che io vada a letto. Il sole già fa capolino e fra qualche minuto iniziano le lodi mattutine. Chissà se la nostra esperienza, oltre che aiutare tanti pazienti e portatori di handicap, potrà essere un piccolo seme di unità tra le varie religioni. Chissà se in questi tempi di contrapposizione tra Islam e Cristianità, Chaaria potrà diventare un’isola di collaborazione e di comprensione reciproca.

Fr Beppe

PS WORLD MALARIA DAY

Lo sapevate che oggi è la giornata mondiale per la malaria? La malaria è il nostro nemico numero uno. Uccide più di tutte le guerre che ancora si trascinano nel Continente Nero. Ci sono più di 1.000.000 di bambini nell’Africa sub-sahariana che muoiono ogni anno di malaria, prima di aver raggiunto il dodicesimo mese di vita... ed anche ora mentre scrivo almeno un altro bimbo ci ha lasciato a causa di questa vecchia pestilenza, che ancora falcidia moltissime esistenze (in Africa muore di malaria un bambino ogni 10 minuti), ma non riceve l’attenzione che invece ha avuto l’AIDS. Sarà perchè la malaria maligna, quella che uccide, è presente soprattutto nei Paesi poveri del Terzo Mondo? Sarà perchè l’HIV da subito ha cominciato a serpeggiare tra gente importante dello spettacolo o della politica?... Non lo so: comunque anche a Chaaria oggi il plasmodium falciparum, si è portato via un piccolino di due mesi, e ne ha fatti soffrire tanti altri. Qualcosa si sta movendo: l’ONU ha iniziato un grande programma di distribuzione di zanzariere trattate con repellenti. Ci sono grosse sovvenzioni internazionali per la distribuzione gratuita dei farmaci antimalarici. Tra l’altro la ricerca cinese ci ha offerto i farmaci più sensazionali al riguardo; si chiamano artemisinici, e sono veramente potenti: curano completamente l’infezione in pochissimi giorni e con effetti collaterali minimi. Noi ci siamo. Facciamo parte di quei nani che qua e là nel mondo, cercano di fare qualcosa per combattere il gigante malarico, e per strappargli quante più vite sia possibile.

Ciao. Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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