sabato 26 aprile 2008

Quegli istanti di rabbia che rovinano ore di lavoro

A volte è dura prendere coscienza dei propri limiti. Si vorrebbe essere sempre all’altezza, sempre padroni della situazione, ed invece il nostro corpo o la nostra psiche a volte ci fregano, ci rallentano, e ci ricordano che siamo davvero poca cosa.

A me è successo ancora una volta oggi: già non ero al massimo della forma dal mattino, avendo avuto un cesareo di notte che mi ha obbligato a dormire solo per 5 ore. Nonostante questo ho cercato di dare il massimo ai pazienti che si sono rivolti a noi, anche se sabato. Poi verso sera, quando già avevo il capogiro, è arrivato un signore distinto, alquanto presupponente, il quale mi ha ricordato che lui veniva da Marsabit, e che aveva già aspettato per più di due ore per essere servito. Purtroppo i nervi io li avevo già a fior di pelle; ho tentato una difesa in “corner”, dicendo che avevano richiesto molti esami di laboratorio, e quindi era normale dover attendere.

La persona però ha affondato ancora di più il coltello dicendo che, se i tempi di attesa degli esami erano lunghi, noi avremmo dovuto dirglielo anticipatamente. A questo punto sfortunatamente, ho perso il controllo e gli ho risposto male: gli ho detto che è chiaro che un ospedale scadente come Chaaria non era alla loro altezza e che avrebbero fatto bene ad andare altrove. Purtroppo queste sono situazioni da evitare a tutti i costi, perchè poi una parola tira l’altra e si finisce sempre per dire cose di cui sei pentito 5 minuti più tardi. Dopo tutto quell’altercare, sono arrivati anche gli esami; ho visitato i pazienti che il distinto signore mi aveva portato, ma era chiaro nell’aria che lui era arrabbiatissimo con me e che non tornerà probabilmente più da noi. Mi sarei dato degli schiaffi, ma purtroppo la macchina del tempo non esiste; avrei voluto riavvolgere il nastro come con il registratore e riprovare a fare meglio, ma purtroppo il tempo non si ferma, ed il latte versato non si recupera più. Ho nello stomaco un mattone pesante, somatizzazione quasi costante dei miei sensi di colpa: mi sembra di aver sprecato tutto quello che avevo fatto prima, in 5 minuti di nervosismo; ho la sensazione di aver tradito il Signore che vorrei servire nei malati, e che invece oggi ho maltrattato.

Forse però va bene così: è salutare che io mi senta un verme. Questo mi aiuta a rimanere umile, e a non credermi un superuomo.

PS: ieri sera è successo nuovamente un fattaccio nei pressi dell’ospedale. Malviventi hanno fermato un matatu vicino a Kaguma. Il conducente, per paura, ha pensato di accelerare e di tentare la fuga: è stato ucciso con un colpo di fucile alla testa... era un nostro vicino di casa. Ora devo nuovamente uscire a prendere Gatwiri per un cesareo che sta arrivando da Mukothima. Prenderò la macchina e per due volte dovrò raggiungere Chaaria, probabilmente anche dopo la mezzanotte. Spero solo che il Signore me la mandi sempre buona

Ciao. Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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