domenica 27 aprile 2008

TBC a Chaaria

In Kenya la terapia della TBC è data gratuitamente alle persone ammalate, è stata sponsorizzata completamente dal governo degli U.S.A. ed è distribuita sotto il controllo completo del governo locale. Le organizzazioni non governative non possono curare la TBC, a meno di non essere riconosciute e supervisionate dagli organi governativi. Dunque, i farmaci ci sono in notevole quantità, ma la distribuzione è carente e disorganizzata, con il risultato che molti poveri affetti da TBC muoiono senza riuscire ad approvvigionarsi dei farmaci che di per sé sarebbero gratuiti.

Altro elemento da considerare è che la TBC, sta diventando un problema allarmante per il Kenya. L'incremento dei casi di TBC va di pari passo con l'incremento dei casi di HIV. I malati non trattati sono contagiosi e si pensa che per ogni malato che tossisce in una stanza ne vengano infettati altri dieci. La TBC è dunque una vera "peste sociale”, che, insieme all’HIV, sta portando via le forze migliori della nazione. Curare tale malattia è quindi importantissimo anche dal punto di vista della prevenzione di nuove infezioni.
Il nostro laboratorio ci permette la ricerca dei bacilli nell'escreato, e in futuro speriamo di poter essere in grado di fare delle buone lastre del torace.
Il nostro problema più grave al momento, è il fatto che i pazienti da ricoverare sono più numerosi dei posti letto a nostra disposizione in isolamento, per cui molte volte li dobbiamo mettere in camerone con gli altri... so che non è il massimo, ma come possiamo fare quando i malati sono gravissimi, non possono deambulare e tornare a casa, e noi non abbiamo altre soluzioni? Noi iniziamo subito la terapia, e speriamo di abbattere così rapidamente il numero di bacilli in grado di contagiare gli altri pazienti. Inoltre tentiamo una dimissione veloce, non appena la persona può reggersi in piedi e assumere correttamente le medicine prescritte.


Ciao, Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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