lunedì 28 aprile 2008

Ricordo di Jamlick

Carissimo Beppe,...

la notizia che ho ricevuto tramite il blog, circa Jamlick mi ha lasciata semplicemente senza parole...non ho trascorso tanto tempo li' con voi a Chaaria, ma il poco che basta perche' Jam potesse aver lasciato un segno dentro me. Quel suo fischiettare che si sentiva in cortile, quel suo super sorriso che sempre era pronto a dispensare, sempre un saluto, sempre una parola gentile, un gesto affettuoso verso tutti anche verso i piu' piccoli.


Ricordo che un giorno, si era fermato in ospedale a fare due parole con me prima di rientrare a casa dopo una giornata di lavoro in missione. Karani, una piccola ricoverata in ospedale, era stata affascinata da un suo braccialetto (una guarnizione trovata tra i rottami di chissa' quale suo strumento di lavoro). Il giorno dopo, esco dalla camera e una volta trovatami in cortile mi sento chiamare. Era Jam. Mi chiese un favore: di consegnare un piccolo braccialetto alla piccola Karani...l'aveva cercato appositamente per lei!!!
La sua morte, mi ha fatto pensare a tante cose. Ogni volta che salutiamo qualcuno dobbiamo farlo Bene, perche' non siamo certi che quella non sia l'ultima volta in cui lo facciamo. Quando sono partita da Chaaria ho salutato tutti con la speranza di rincontrarvi presto e invece, ora se torno non trovo piu' tutti voi e la cosa non puo' che rendermi triste... SIMO

PS: ieri era domenica, ma come al solito i pazienti hanno continuato ad affluire numerosi. In pomeriggio ero riuscito a ritagliarmi un paio d'ore, dedicate prima ad una dormita profondissima e poi a due passi per strada fino a Chaaria. Sono uscito verso le 16.30 ma già alle 17.30 il cercapersone si è fatto sentire: "vieni subito perchè c'è un REFERRAL da un dispensario governativo con mamma malata di malaria in travaglio, e distress fetale". Ormai è una prassi avere cesarei tutte le domeniche. Affretto il passo verso casa e dico a me stesso: "meglio ora che a mezzanotte".
Infatti alla 18 già siamo in sala, e, nonostante l'assenza dell'anestesista, riusciamo a finire il tutto per le 19. Era stato un cesareo senza problemi, ed eravamo rimasti di stucco quando ci eravmo resi conto che il bambino non respirava dopo l'estrazione. Però fortunatamente le nostre infermiere di sala parto, erano riuscite a rianimare proprio bene, e, prima di chiudere la cute dell'addome già avevamo avuto la notizia: "ha pianto, e respira da solo". Che sospirone di sollievo!
Dopo l'operazione mi affretto a raggiungere la cappella, dove celebriamo la novena in preparazione alla festa del Cottolengo. Sono in ritardo, come al solito, ma almeno arrivo in tempo per la meditazione offertaci da Sr Lucy.
Subito dopo la preghiera però vengo chiamato in ospedale: la mamma appena cesarizzata ha una torrenziale emorragia post partum; la sua pressione è già sparita ed il polso è appena percettibile. Che dramma!! il sangue esce a fiotti, ed oramai deborda sul pavimento. E' difficile anche avvicinarsi al letto senza essere imbrattati. Io mi avvio verso il laboratorio e mi rendo conto che l'emoteca è vuota. Testiamo il gruppo sanguigno alla paziente e ci rendiamo conto che il suo sangue è ormai una acquetta rosa contenente sì e no 2 grammi di emoglobina. Facciamo dei liquidi a go go. Pratichiamo oxitocina in vena... le mie gambe cominciano a tremare ed il mio cervello ad offuscarsi. Non so bene cosa fare: le infermiere della notte mi guardano ansiose, in attesa di ulteriori piani terapeutici. Non ho donatori, ed il gruppo è difficilissimo: 0 positivo. In quel momento passa Fr Dominic che veramente mi stupisce e mi dice: "dono io il sangue... adesso". Accettiamo immediatamente e saltiamo addosso a Domé che, docile come un agnello, si lascia "svenare".
Infatti pian piano la mamma riprende vita, grazie al "ricco" sangue del nostro generoso Fratello. Rimango ancora a controllare la situazione fin verso mezzanotte, mentre dico a Domenico di andare a mangiarsi una meritata fetta di salame. La mamma sembra non sanguinare più. Le condizioni sono stabili. Dico alle infermiere di continuare con le medicine prescritte e provo ad andare a riposare.
La mia felicità è stata completa questa mattina quando, tornato in ospedale, l'ho vista seduta nel letto tutta intenta ad allattare il suo gigante (4200 g alla nascita).
Oggi poi è stata una giornata campale. Di notte non ha piovuto ed il sole già splendeva alle 8 di mattina: questo è stato come uno specchietto per le allodole. Abbiamo superato nuovamente i 450 pazienti. Il lavoro è stato durissimo, ma il giorno è trascorso nella serenità: abbiamo avuto un altro cesareo, che non ci ha dato grossi problemi; abbiamo assistito tante persone veramente gravi, abbiamo fatto quello che potevamo. Ora mi rimane ancora il contro-giro del dopo cena... speriamo che sia tutto tranquillo, e che si possa andare a letto un po' prima.

Ciao. Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....