lunedì 5 maggio 2008

Giornata di fuoco

Immaginavo che sarebbe stata dura oggi, perchè il dottor Ogembo aveva un caso in tribunale e quindi non poteva essere presente al lavoro. Poi la fine delle piogge ha fatto il resto: sono passati dall'ambulatorio più di 400 pazienti; abbiamo riempito i reparti fino all'ultimo spazio, ed anche ora l'ambulatorio è animato per l'arrivo di un uomo che ha tentato il suicidio ingerendo del liquido pesticida. Vi scrivo durante una breve pausa, in cui ho mangiato velocemente un boccone di cena, prima di tornare giù nella mischia.
Quello che ha reso la giornata pesante e spezzettata, sono state le complicazioni in maternità: quattro cesarei ed un raschiamento.
Ora spero che non rimanga molto: c'è da fare le glicemie per decidere l'insulina dei pazienti diabetici. Ci sarà da rivedere il piano terapeutico dell' "avvelenato". Dovrò passare a fare una carezza a Edina, una bambina di 14 anni che sta morendo di insufficienza epatica da causa sconosciuta, e che non può vedermi passare senza chiamarmi: è molto tenera; le basta che le sistemi il cuscino, o che la tiri un po' su nel letto. Ormai è un rito quotidiano prima di andare a letto... e poi spero solo che non chiamino di nuovo stanotte, perchè ho le batterie scariche.
Ciao. Beppe.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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