venerdì 2 maggio 2008

Pappagalli verdi

Carissimi amici del blog,
è mezzanotte e sono molto depresso. Sono appena rientrato da Chaaria e fortunatamente non è successo nulla. Ho riaccompagnato Gatwiri a casa, dopo aver finito l'ultimo cesareo. In macchina nè io nè lei parlavamo... eravamo troppo giù. La giornata era stata piena già di per sè; poi sono venute due emergenze nello stesso momento: una mamma da cesarizzare ed una bambina di 12 anni violentata da uno sconosciuto.
Il caso della bimba mi ha sconvolto perchè la conosco. Frequenta le scuole primarie di Chaaria e stava rientrando a casa verso le ore 18. Secondo quanto i suoi genitori mi hanno raccontato, la piccola è stata assalita dallo stupratore e poche centinaia di metri da casa, quando ancora non era buio. Era in preda allo shock e non parlava. In compenso perdeva molto sangue. A questo punto si colloca l'inizio della mia crisi: chi ha letto il libro PAPPAGALLI VERDI sa di cosa sto parlando. Decido che devo suturare la bambina e che devo farle anche l'anestesia generale, perchè lei non vuole saperne di farsi toccare. Ci mettiamo quindi del tempo: l'induzione del sonno non è immediata perchè la paziente è terrorizzata e rifiuta anche la vena. Pure cucire è stato laborioso e lungo.
Finita questa prima operazione andiamo in sala operatoria per il cesareo: tutto nella norma. Anestesia spinale senza problemi. Ci siamo io, Gatwiri ed Albert. Tempo tra incisione della cute ed estrazione del feto non superiore ai 4 minuti... però lo spettacolo che ci si presenta davanti non è dei più belli... il bambino non piange, ed anche dopo la rianimazione non ce la fa.
Che dolore!!! avessi fatto il cesareo per primo!!! Che cretino che sono!!! Dopo tanto tempo non mi rendo ancora conto che un cesareo non va mai posticipato di un minuto!!! Ormai però è troppo tardi: ho fatto una scelta sbagliata, ho dato la precedenza alla bimba stuprata; forse sono stato troppo emotivo.
Purtroppo un'altra mamma che si era rivolta a noi perchè le donassimo il piccolo che per nove mesi si era portato nel cuore e nella pancia, sarà invece dimessa dall'ospedale a mani vuote.
Ciao. Beppe. Pregate per lei ed anche per me che sono a terra.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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