Caro Max,
sei partito da pochi minuti, e mi sento un po’ “perso”. Pensavo tu andassi domani, e la notizia improvvisa che ci eravamo sbagliati di data e che dovevi lasciarci entro pochi minuti, mi ha lasciato un tantino spaesato: mi sono messo a pensare a quei tubi nelle pance, alle prostate ancora in lavaggio continuo... ma poi, come sempre ci dicevamo l’un l’altro prima di ogni intervento: “c’e’ la Provvidenza”.
Anche quest’anno la tua presenza e’ stata allo stesso tempo come un uragano e come una brezza leggera di primavera.
Sei per noi un uragano, in quanto con te sempre ci sono interventi nuovi da imparare, tecniche antiche da perfezionare, ulteriori conoscenze sui materiali e metodi chirurgici da impiegare.
Pero’ sei un dolce venticello di primavera, perche’ con te si sta bene; si lavora tanto ma sempre con serenita’ e senza tensioni di sorta.
Anche quando l’intervento va male, riesci a rimanere padrone dei tuoi nervi, e questo per noi inesperti e’ una medicina potente, un ansiolitico migliore del valium.
Poi sai rapportarti con i nostri infermieri in maniera encomiabile: gia’ ora continuano a dire che ci mancherai molto e che sei stato bravissimo davvero.
Per Kanyua e Gatwiri hai avuto la tenerezza di un padre, e cosi’ ti hanno definito: baba, che vuol dire appunto papa’... e credimi; data la loro innata ritrosia, ed il timore reverenziale verso un medico bianco, questo e’ davvero un grosso traguardo: hai fatto breccia nel loro cuore.
Mi piace anche molto il tuo essere instancabile: non ti risparmi; sei come una macchina da combattimento dal mattino alla sera. Non capita mai di sentirti dire, a meta’ intervento: “ma chi me lo ha fatto fare di mettermi in questo pasticcio”. Questa e’ una caratteristica veramente importante che, nel il mio curriculum di “chirurgo-fai-da-te”, ti rende il mio mentore piu’ significativo.
Grazie anche per i momenti in cui abbiamo parlato, per le due volte in cui mi hai accompagnato a Meru per la formazione ECM. Parlare un po’ con te in macchina e’ stato terapeutico, ha guarito le ferite della mia anima, mi ha aiutato a ritrovare la pace. Oggi, quando ti ho salutato ero davvero nella pace, e le tue parole mi sono calate nel cuore come un nettare: “ricordati che sono i tuoi malati e le persone che servi, che ti devono rendere felice”.
Sono in piena sintonia di valori con te. Ricordo quando mi dicesti: “Non so perche’ faccio del volontariato... l’unica idea che mi e’ chiara e’ questa: ho dei talenti, e sarebbe stupido seppellirli ora che sono in pensione. Voglio mettere ancora a disposizione degli altri le cose che so fare”.
Che bello... e questo lo fai in modo davvero intelligente: tu non sei geloso del bisturi. Vuoi che il bisturi lo tenga in mano io, perche’ hai capito bene che non e’ la tua casistica personale quella che conta; e’ piuttosto il fatto che ogni anno tu mi insegni qualcosa di nuovo, e lasci Chaaria un po’ migliore di quello che era l’anno precedente, in mdo da servire la nostra gente sempre meglio e sempre di piu’.
L’anno scorso ci hai regalato la tecnica delle isterectomie, e quest’anno ci hai messi in condizione di iniziare con le prostatectomie e con le appendicectomie.
L’anno prossimo cosa ci porterai? La chirurgia intestinale?
“Insh Allah”... Adesso pero’ viviamo alla giornata, ringraziamo Dio per te e per le cose che ci hai insegnato, godiamo della tua amicizia e stima, e poi, come sempre, “ci abbandoniamo alla Provvidenza”.
Avremmo dovuto bere una birra insieme questa sera... ed invece la berremo noi in tuo onore. Anche la “pietra del Kisii” preparata per te e Grazia mi e’ rimasta in camera... Vuol dire che sei obbligato a tornare per prendertela... e la prossima volta non dimenticarti Grazia a casa.
Dio benedica te e la tua famiglia.
Fr Beppe
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