martedì 21 ottobre 2008

Chakra


Protetto da un cielo trapunto di stelle, come non le avevo mai viste prima, ieri sera, per ben tre volte, ho udito il tonfo dei corpi che raggiungevano il fondo della buca scavata per Daniel (16 anni … ucciso dall’aids), Stallon (11 anni…idem) e Baby Jane (qualche ora di vita, morta perché la mamma l’ha partorita per strada…nella polvere). Qualche attimo di silenzioso 9919215.JPGraccoglimento, una preghiera e siamo di ritorno a casa. Nessuno dei genitori era presente al funerale poiché qui quando muore un bambino quasi nessuno lo porta a casa. Riportare il cadavere del figlio a casa è un gran fallimento, è troppo dolore! Dunque a noi spetta la sepoltura con rito africano: senza bara, solo uno straccio color argento in cui viene avvolto il corpo, “sigillato” con del cerotto su cui si scrive il nome del defunto.
Oggi, di converso, la giornata è iniziata con un parto spontaneo. Una bellissima creatura di 3690 grammi: incredibile ma vero, direttamente dall’utero della mamma nelle mie mani incredule! Taglio del cordone, pulizia, aspirazione naso/bocca e prima vestizione del pupo, tutto affidato a me che, nonostante lo facessi per la prima volta, mi sentivo stranamente pronto, deciso e calmo come non lo sono mai stato in vita mia!
Dopo qualche attimo ho accompagnato madre e figlio in camera, uno al fianco dell’altra erano nuovamente una cosa sola, ma la ruota gira ancora una volta, visto che dopo circa un’ora arriva in ospedale una donna con un fagotto tra le braccia: lo tiene coperto e lo guarda tremando, piangendo e con gli occhi stracolmi di terrore, terrore che tutto sia già successo, che sia troppo tardi, che l’ultimo impietoso battito cardiaco sia già un ricordo. Purtroppo, è proprio così! Dopo alcuni attimi la mamma si accomoda fuori per piangere, con gran dignità, le ultime lacrime. Intanto io e Linda (un’infermiera del posto) ricomponiamo la salma di Angelica (se pesa 8 kg è un miracolo). Un’altra creatura di appena 3 anni é morta senza sapere perché!


Linda, mentre le tappa tutti i fori naturali (narici, orecchie, bocca ed ano) con del cotone idrofilo, aiutandosi con un bastoncino di legno, si muove con eleganza, serenità e (roba da non credere) mi annuncia con gioia che è in dolce attesa. E' al secondo mese di gravidanza. Non sa se si tratta di un maschio o di una femmina, né esprime alcuna preferenza al riguardo, però mi confessa che vorrebbe conoscere il sesso del nascituro. Se si tratterà di un maschio è ancora indecisa sul nome, ma se si dovesse trattare di una femmina ha già un’idea, la vorrebbe chiamare Joy - che significa gioia (qui spesso i nomi prendono spunto dalle virtù: carità, fede, purezza…). Fisso lo sguardo di Linda e le dico che, se i suoi occhi non mentono, la sua prima creatura si chiamerà Joy!
Quando Angelica è ormai ridotta a un fagotto, avvolto in un telo color argento chiuso con del cerotto su cui si leggono gli estremi del “contenuto”, chiedo a Linda di deporre nelle mie braccia la piccola creatura di Dio: “Posso accompagnarla io in camera mortuaria?” (una capanna di un metro per un metro a dieci metri dall’ospedale), “Certo!”, mi risponde lei consegnandomi il corpo di Angelica.
Questa sera ci sarà ancora un funerale, ma intanto si è fatta l’ora di pranzo e, solo per non essere vinti dalla debolezza e dal caldo, dobbiamo andare….
Buon appetito!


M. de Mattia
PS Chakra in Sanscrito significa appunto ruota


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Mariano, Linda e...Joy

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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