sabato 21 febbraio 2009

Ancora fame


Oggi ho visitato una famiglia poverissima che veniva dal distretto di Laikipia, non molto lontano da Maralal. Sono passato due anni fa da quelle zone e mi aveva colpito l’aridità del terreno e la difficoltà per quelle popolazioni a coltivare terre difficilissime con pochissima acqua. A volte fanno fatica anche con le mandrie, visto che i corsi d’acqua sono pochi e spesso l’erba secca completamente. Non pochi capi di bestiame sono già morti negli ultimi tempi a causa della siccità.
Mi hanno detto che dalle loro parti c’è fame vera, e che molta gente deve il proprio sostentamento agli aiuti umanitari che arrivano tramite le strutture governative.
Mi hanno confidato che anche loro, a casa non hanno quasi più nulla da mangiare, e che il numero di persone che ora vanno a fare la file per ricevere qualcosa da mettere sotto i denti è più che raddoppiato negli ultimi due mesi.
Loro sono di religione musulmana, ma mi hanno espresso una profonda riconoscenza perchè da tempo la Caritas distribuisce cibo a tutti senza fare alcuna discriminazione.
Hanno aggiunto che da loro i raccolti sono persi completamente, per cui l’immediato futuro non offre nulla di buono.
Ho dato loro le medicine gratuitamente, ed ho regalato anche del latte in formula per i loro bambini, cercando di spiegare adeguatamente l’importanza di bollire l’acqua che sarà usata per la diluizione della polvere. Poi ho riempito le loro borse di farina per UGALI ed ho promesso la mia preghiera.

Fr Beppe Gaido

PS: anche oggi la sala operatoria ci tiene impegnati fino allo stremo. Nuova urgenza anche in questo momento, per un distress fetale. Per questo vi devo salutare velocemente, lasciandovi una dolce foto di Kawira che sta andando bene a scuola e che oggi è venuta a trovarmi brevemente.


Kawira.JPG



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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